martedì 16 giugno 2015

Il Sogno Verde


Il Sogno Verde 
di Bernardo Trevisano

Questa traduzione italiana del Sogno Verde attribuito a Bernardo Trevisano, è conforme a quella uscita sul numero 1 del 1910 della rivista di studi ermetici Commentarium, diretta da Giuliano Kremmerz. La traduzione appare a firma della Sig.na G. F..



a cura di Massimo Marra

IL SOGNO VERDE

Veridico e Vero perché contiene Verità
 
In questo sogno tutto apparisce sublime; il senso apparente non è indegno di quello che si nasconde; la verità vi brilla da sé stessa con tanto splendore che non è difficile scoprirla attraverso il velo di cui si è preteso servirsi per mascherarcelo.
Io ero immerso in un sonno profondissimo quando mi sembrò di vedere una statua alta quindici piedi circa, rappresentante un Vecchio Venerabile, bello e perfettamente proporzionato in tutte le parti del suo corpo. Aveva dei lunghi capelli d’argento tutti ondeggiati; gli occhi erano di fine turchine, in mezzo ad essi erano incastrati carbonchi così splendidi che non se ne poteva sostenere lo sprazzo. Aveva le labbra d’oro, i denti di perle orientali e tutto il corpo di rubino scintillante. Toccava col piede sinistro un globo terrestre che pareva lo sostenesse: avendo il braccio dritto elevato e teso sembrava sorreggere sull’estremità delle dita un globo celeste di sopra la sua testa e con la mano sinistra teneva una chiave di grosso diamante grezzo.
Quest’uomo avvicinandosi mi disse: "Io sono il Genio dei saggi, non temere di seguirmi". Poi, prendendomi pei capelli con la mano in cui teneva la chiave, mi sollevò e mi fece attraversare le tre regioni dell’Aria, quella del Fuoco e i Cieli di tutti i pianeti. Mi trasportò ancora più in là, poi avvoltosi in un turbine disparve e mi trovai in un isola galleggiante su di un mare di sangue. Meravigliato di trovarmi in paese così lontano, camminai sulla riva e, considerando questo mare con una grande attenzione, vidi che il sangue di che si componeva era vivo e caldo. Notai anche che un vento dolcissimo, che l’agitava senza posa, ne intratteneva il calore e vi eccitava un bollore che dava a tutta l’isola un tremito quasi impercettibile.
Preso d’ammirazione per cose così straordinarie, cominciai a riflettere su le tante meraviglie, quando scorsi molte persone al mio lato. M’immaginai dapprima che volessero maltrattarmi e mi rifugiai in una macchia di gelsomini per nascondermi, ma il loro olezzo mi addormentò, fui scoperto e preso.
Il più grande della brigata, che mi sembrava comandasse gli altri, mi domandò fieramente chi m’avesse fatto così temerario da venire da paese inferiore in questo altissimo impero. Io gli raccontai in qual modo v’era stato trasportato e subito questo uomo, cangiando improvvisamente di tono e di modi, mi disse: "Sii il benvenuto tu che fosti condotto qui dal nostro altissimo e potentissimo Genio". Poi mi salutò e tutti gli altri in seguito mi salutarono secondo il loro costume, che è di coricarsi sul dorso, poi mettersi a ventre per terra e ritornare in piedi. Risposi al saluto secondo le mie abitudini. Egli mi promise di presentarmi all’Hagacestor che è il loro imperatore. Si scusò di non aver vettura per portarmi in città da cui eravamo lontani una buona lega. Durante il cammino non mi parlava che della potenza e della grandezza del loro imperatore, che possedeva sette regni e questo aveva scelto in mezzo agli altri per farne sua dimora abituale.
Notò ch’io camminavo con difficoltà sui gigli, le rose, i gelsomini, i mughetti, le tuberose e una quantità prodigiosa di fiori delle specie più rare e più belle, e che crescevano sulla via; e mi domandò sorridendo se io temessi di far male a quelle piante. Risposi di saper bene che in quelle non vi era anima sensitiva; ma, essendo rarissime nel mio paese, io ripugnavo a calpestarle.
Non scoprivo per tutta la campagna che fiori e frutta, domandai dove seminassero il grano. Mi rispose ch’essi non lo seminavano e che lo trovavano in grande copia nelle terre sterili e che l’imperatore ne faceva gittare la più gran parte nei nostri paesi in basso per farci piacere e le bestie mangiavano quello che ne restava. Per loro uso facevano il pane coi fiori più belli che impastavano con la rugiada e lo cuocevano al sole. E, poiché io vedevo dapertutto una così prodigiosa quantità di frutti bellissimi, ebbi la curiosità di prendere alcune per mangiarle. Costui volle vietarmelo assicurandomi che solo le bestie ne mangiavano, ma io le trovai di un gusto ammirevoli. Allora mi regalò delle pesche, dei melloni e dei fichi come non se ne sono mai visti in Provenza, in Italia e in Grecia di gusto così squisito. Mi giurò che queste frutta si producevano senza coltivazione alcuna ed assicurandomi ch’essi non mangiavano nessun’altra cosa col loro pane.
Domandai come potessero conservare fiori e frutta durante l’inverno. Mi disse che non conoscevano gli inverni, che i loro anni non avevano che tre stagioni solamente, cioè la primavera e l’estate, e che da queste due si formava una terza, l’autunno, che rinchiudeva nel corpo dei frutti lo spirito della primavera e l’anima dell’estate e che in quest’ultima stagione si raccoglievano i grappoli d’uva e la melagrana, che erano i più buoni frutti del paese.
E appena io gli dissi che noi ci cibavamo di carne di bue, di montone, di selvaggina, di pesce e d’altri animali si mostrò stupefatto, e volle dirmi che noi dobbiamo avere un intelletto abbastanza grossolano, ingozzando alimenti così materiali. Io l’ascoltavo con grande attenzione e non m’annoiavo per niente ad imparare cose così belle e curiose, ma invitato a considerare l’aspetto della città, da cui non eravamo lontani che un duecento passi, non ebbi tosto levati gli occhi per guardare che non vidi più niente diventando cieco, della qual cosa il mio compagno e il seguito presero a ridere.
Il dispetto di vedere che costoro si divertivano alle mie spalle mi faceva più soffrire della mia disgrazia. Se ne avvidero che i loro modi non mi facevano contento e colui che aveva sempre preso cura di me, mi consolò esortandomi ad avere un po’ di pazienza e assicurandomi che in un attimo avrei recuperato la vista; poi corse a prendere un’erba, con cui mi stropicciò gli occhi, ed io vidi subito la luce e lo splendore di questa superba città della quale tutte le case erano di cristallo purissimo che il sole rischiarava continuamente perché in quest’isola non v’era mai notte. Non mi si volle permettere di entrare in nessuna di queste case, ma di vedervi quello che succedeva di dentro attraverso le mura trasparenti. Esaminai la prima casa identica a tutte le altre, formata di un sol piano, composto di tre appartamenti ognuno di più camere e camerine.
Nel primo appartamento appariva una sala ornata di un parato di Damasco, tutto ornato di un gallone d’oro bordato di un sottile crespo anche d’oro. Il fondo di questa stoffa era cangiante di rosso e di verde con rilievo d’argento finissimo e tutto ricoperto di un velo bianco. In seguito erano alcune camerette tempestate da gioielli di colori differenti, poi si scopriva una camera tutta addobbata di un bel velluto nero bordato da molte strisce di raso nerissimo e lucentissimo, il tutto spiccava per un ricamo di perle nere ancora più brillante e splendente.
Nel secondo appartamento si vedeva una camera tappezzata di seta bianca cosparsa di perle orientali rarissime. In seguito v’erano molte camerette parate da più colori, in raso azzurro, in damasco violetto, in seta citrina e incarnata.
Nel terzo appartamento era una camera parata d’una stoffa smagliantissima di porpora a fondo di oro più bella e più ricca di fronte alle altre stoffe già vedute.
Io mi domandai dove erano il signore e la signora di quella casa.: mi si rispose che si erano nascosti in fondo di questa camera, e che essi dovevano ancora passare in un’altra più lontana, separata da queste da alcune comunicazioni e che gli ornamenti erano di colori tutti differenti, gli uni color isabella, gli altri seta verde, altri di broccato d’oro.
Non potevo vedere il quarto appartamento perché doveva essere indipendente, ma mi si disse che consisteva in una camera la cui tappezzeria era un tessuto di raggi di sole i più puri e i più concentrati in questa stoffa di porpora che allora avevo visto.
Dopo tutte queste curiosità mi insegnò come facevano i matrimonii fra gli abitanti di quest’isola.
L’Hagacestor, conoscendo perfettamente l’indole e i temperamenti di tutti i suoli sudditi dal maggiore all’ultimo, riunisce i parenti più prossimi e mette una giovanetta innocente e pura con un buon vecchio sano e vigoroso: poi monda e purifica la Giovane, lava e netta il Vegliardo che presenta la mano alla Giovane, E La Giovane prende la mano del Vecchio. Poi li si conduce in uno di questi alloggi, di cui si suggella la porta con gli stessi materiali di cui la casa è stata fatta, e bisogna che restino così chiusi insieme nove mesi tutti interi durante questo tempo fanno tutte le belle tessiture che m’han fatto vedere.
Alla fine di questo termine essi escono tutti e due uniti in un medesimo corpo e, non avendo più che un’anima, non sono più che Uno di cui la potenza è molto grande sulla terra. L’imperatore se ne serve allora per convertire tutti i cattivi che sono nei sette regni.
M’avevano promesso di farmi entrare nel palazzo imperiale e di farmene vedere gli appartamenti, e un salone tra gli altri in cui sono quattro statue antiche quanto il mondo, delle quali quella che sta nel mezzo è il potente Seganissegede che m’aveva trasportato in quell’isola. Le tre altre che formano un triangolo intorno a questo, sono tre donne, cioè Ellugate, Linemalore e Tripsarecopsem. 
M’avevano anche promesso di farmi vedere il tempio ove è l’immagine della loro divinità chiamata Elesel Vassergusine. Ma i galli si erano messi a cantare, i pastori conducevano i loro greggi ai campi e gli operai preparavano i loro carri e fecero un così gran rumore che mi svegliarono, e il mio sogno si dissipò interamente.
Tutto questo che avevo visto era niente di fronte a ciò che dovevo vedere, non pertanto io mi consolo quando rifletto a questo Celeste Impero, in cui l’Onnipotente appare assiso sul suo trono di gloria accompagnato da Angeli, Arcangeli, Cherubini, Serafini, Troni e Dominazioni: è là che noi vedremo ciò che l’occhio non ha mai visto ed udremo ciò che l’orecchio non ha mai sentito, poiché è questo il luogo in cui dobbiamo godere una felicità eterna che Dio stesso ha promesso a tutti quelli che se ne renderanno degni, essendo tutti stati creati per partecipare a questa gloria.
Facciamo dunque tutti i nostri sforzi per meritarla.

Lodato sia Iddio.

Il ricordo di se’
( parte I )
...In quel periodo avevo cominciato a leggere i libri di Gurdjieff e Ouspensky. Un giorno stavo dialogando con un mio amico, quando a un certo punto vidi che era addormentato. Mi parlava con veemenza dei fatti del giorno... ma non era sveglio. "Qualcosa" parlava al suo posto mentre lui dormiva. Ne provai orrore. Quello era il mio migliore amico, avevamo vissuto insieme momenti belli e brutti per anni. Ciò significava che anche io ero in quello stato. In quell'istante decisi che avrei dedicato il resto della mia vita a cercare di svegliarmi.
Salvatore Brizzi
Non c'è altro modo per sfuggire alla morte, all'infuori del ricordo di sé.
Robert Earl Burton
introduzione al ricordo di sé
Entriamo nel vivo dei processi alchemici atti a trasmutare l’uomo in qualcosa di splendidamente superiore. Affrontiamo quindi per la prima volta anche il concetto di « risveglio » dell’essere umano.

Il segreto degli alchimisti consiste nel « ricordo di sé », la PRESENZA. Lo sforzo di restare presenti produce il « fuoco alchemico » necessario per l'Opera.

Il primo passo verso l’acquisizione della liberazione e dell’immortalità consiste in un accurato lavoro di « risveglio »; l’individuo deve cioè rendersi pienamente conto che allo stato attuale sta dormendo.
Quando ci destiamo al mattino in realtà non ci svegliamo, ma passiamo da uno stato di sogno a un altro: è il sonno verticale; un sonno, cioè, che permette la posizione verticale, il movimento, il parlare, lo studiare... purtuttavia è ancora ben lungi dall'essere un reale stato di veglia. Si tratta di una condizione di perpetuo rintronamento nella quale non si pensa, ma si è pensati, non si provano emozioni, ma si è da esse trascinati, non si gestisce il proprio corpo, ma si subisce la sua fisiologia.
Se vogliamo lavorare per evadere dalla prigione è imperativo innanzitutto che sappiamo di essere all'interno di una prigione. Il più grande ostacolo al risveglio è che l'uomo pensa di essere già cosciente e pienamente libero! Per avere la certezza di essere in uno stato di prigionia è necessario vederlo con i propri occhi e, magari, rimanerne scioccati. L'ideale sarebbe riuscire a SENTIRE EMOTIVAMENTE l'addormentamento. Questo fornisce l'energia occorrente per iniziare a lavorare su di sé.
I seguenti esercizi si basano sul « ricordo di sé ». Lo sforzo di ricordarci di noi stessi nell'arco della giornata ci permette di vedere come siamo fatti e in quale stato viviamo tutti i giorni; serve a farci comprendere che durante il giorno "dormiamo" e di conseguenza non siamo mai coscienti di noi. Viviamo dentro un’allucinazione; non vediamo la realtà e non possediamo alcun potere occulto in grado di modificarla semplicemente perché dormiamo. Il "ricordo di noi stessi" ci permette di evitare di lasciar scorrere nell'inconsapevolezza la nostra esistenza quotidiana, portando alla luce anche le zone più nascoste di noi.

Cosa è il « ricordo di sé »? Non lo si può spiegare a parole: lo si capisce facendo gli esercizi. Come vedremo più avanti, si tratta di essere presenti qui-e-ora almeno in corrispondenza di determinate occasioni che vengono stabilite a priori. Un uomo risvegliato è un uomo che si ricorda di sé sempre, è un uomo che è sempre presente qui-e-ora per ventiquattro ore al giorno... anche nel sonno. Il ricordo di sé è infatti un livello di coscienza superiore che si può raggiungere solo sforzandosi di ricordarsi di sé!
L'errore principale della filosofia e della psicologia moderna risiede nell'aver ignorato un quarto stato di coscienza oltre i tre già noti all'uomo ordinario. Gli stati di norma conosciuti sono: sonno verticale (quello ritenuto a torto il normale stato di veglia dell'uomo), sonno profondo, sogno. Nessuna psicologia e nessuna filosofia sono proponibili se non si considera la possibilità nell'uomo di un quarto stato: lo stato di ricordo di sé, che è poi il reale stato di veglia.
Il ricordo di sé - è il 'terribile segreto' dell'Ars Regia che tutti gli alchimisti si sono preoccupati di tenere occulto nei loro scritti: è il « regime », l'« agente universale », il « fuoco lento » a cui la materia deve essere sottoposta per ottenere una trasformazione.
Premettiamo che l'effettivo stato di ricordo di sé è uno stato EMOTIVO SUPERIORE, non un fenomeno intellettuale. Quando nel corso della presente trattazione ci riferiremo al ricordo di sé, ci staremo in realtà riferendo ai nostri tentativi di ricordarci di noi, cioè all'unico stato attualmente possibile per il neofita: uno stato ancora principalmente mentale, in cui ci si sforza di essere presenti per ricordarsi di sé. Con l'espressione « ricordo di sé » intendiamo quindi riferirci allo sforzo di ottenere questo stato, e non allo stato stesso. Attraverso gli sforzi ripetuti sarà però possibile attivare il 'centro emotivo superiore' ( il Cuore ) e quindi entrare nel reale ricordo di sé... e questo è il nostro scopo.
Attraverso lo sforzo di ricordarci di noi tocchiamo con mano la totale assenza di Volontà che ci contraddistingue... ma non dobbiamo abbatterci a causa dei pessimi risultati. Il nostro lavoro consiste nello sforzarci ogni giorno di riuscire, non nell'ottenere un risultato, il risultato non interessa minimamente i nostri scopi.
Il ricordo di sé è il fenomeno più importante della Magia, dell'Alchimia e dell’esoterismo in genere. Compreso questo, l’uomo possiede la chiave per farsi progressivamente strada in altri stati di coscienza e acquisire nuovi poteri. Il ricordo di sé costruisce il « corpo astrale », o « corpo lunare », che permette la sopravvivenza dopo la morte, e anche il « corpo di gloria », cioè l'anima dell'individuo, che permette l'immmortalità assoluta. Sono due livelli iniziatici successivi. L'unico modo che abbiamo per capire cosa è il ricordo di sé è fare degli esercizi; esso non può essere compreso attraverso una spiegazione intellettuale come un qualunque altro concetto. Si può conoscere la meccanicità solo cercando di contrastarla: se noi siamo nati in catene, se siamo nati in una prigione, fino a quando non proviamo a uscire e ci accorgiamo che è difficilissimo, non abbiamo alcuno strumento per capire di essere nati dentro un carcere. Fino a quando stiamo zitti e buoni dentro la nostra prigione tutto fila liscio, solo quando tentiamo di superare il muro perimetrale, e non ci riusciamo, comprendiamo che non siamo liberi e non lo siamo mai stati.
Attraverso il persistente sforzo teso al ricordo di sé si produce una trasmutazione alchemica che consente di costruire i "corpi sottili" e di trasferire in essi la nostra coscienza. Tali corpi sopravvivono alla morte del nostro corpo fisico. Stiamo quindi parlando di sopravvivenza alla morte e successivamente di « immortalità assoluta ».
Il nostro obiettivo consiste nel lavorare alla fabbricazione dei "corpi sottili", e al trasferimento della coscienza dalla mente al Cuore, dove risiede il nostro vero Sé. Ciò si ottiene grazie ai ripetuti sforzi tesi verso il ricordo di sé, il controllo dell'immaginazione negativa, la trasmutazione delle emozioni negative in emozioni superiori (le emozioni del Cuore) e il lavoro con l'energia sessuale.
Tuttavia è bene sottolineare che praticando tali metodi non ci stiamo limitando ad agire soltanto per il « corpo di gloria », poiché stiamo anche lavorando alla fissazione dei corpi "inferiori": l'« astrale » (o emotivo) e il « mentale », che nell'uomo ordinario non sono interamente sviluppati. Del « corpo mentale » si parla poco e anche io non mi soffermerò sulla costruzione di tale corpo, ma è bene si sappia che esiste questo passaggio intermedio fra il corpo astrale e il corpo dell'anima. La fissazione completa di tali corpi consente di ottenere poteri sovranormali.
la pratica del ricordo di sé
1 -- Si tratta di ricordarsi di sé più a lungo che si può durante lo svolgimento di un'azione prolungata nel tempo. Un esercizio classico è il ricordo di sé mentre
-- laviamo i piatti;
ma le varianti possono essere molte:
-- spazziamo il pavimento,
-- scendiamo le scale,
-- ci laviamo i denti,
-- ci facciamo la barba,
-- ci depiliamo,
-- mangiamo un panino,
-- facciamo la doccia,
oppure nel tragitto fra l’automobile parcheggiata e il posto di lavoro, o fra casa nostra e la fermata dell’autobus... Ogni attività che abbia una durata non eccessiva può essere utilizzata come esercizio.
Si tratta di fermare il lavorìo della mente, il "dialogo interno" della mente, tutte le volte che ci ricordiamo, e sforzarci poi di rimanere presenti più a lungo possibile prima di ricadere nell'identificazione con i pensieri e le immagini mentali. Dobbiamo concentrarci su quello che stiamo facendo rimanendo coscienti di noi, senza vagare con il pensiero. Non dobbiamo lasciare che il corpo fisico esegua il lavoro da solo meccanicamente, dobbiamo accompagnare la sua attività con la nostra presenza qui-e-ora. Il corpo fisico sa lavare benissimo i piatti anche se intanto la mente pensa all'ultimo film che ha visto, ma lo scopo dell'esercizio è che TUTTO L'ESSERE lavi i piatti, non solo un corpo; dobbiamo rimanere pienamente coscienti di ciò che facciamo come se il corpo senza il nostro aiuto cosciente non potesse farlo. Mentre il corpo lava i piatti la mente deve essere lì con lui, e non vagare per associazioni di pensiero come è abituata a fare.
Per esempio, ricordiamoci di noi mentre ci spogliamo e ci svegliamo. Che sia la mattina prima di andare al lavoro, la sera quando torniamo, poco prima di andare a letto nell'indossare il piagiama, quando ci troviamo nello spogliatoio della palestra o della piscina... dobbiamo restare "presenti a noi stessi" metnre ci infiliamo o ci togliamo i vestiti, cioè completamente presenti a quello che stiamo facendo, senza farci distrarre da altri pensieri o da persone che richiamano la nostra attenzione. All'inzio può essere utile ripetersi: "Mi sto infilando i pantaloni... e sono presente... mi sto ricordando di me... non sono distratto da altro...".
Negli istanti in cui riusciamo a essere presenti sappiamo già che a breve ripiomberemo nel sonno. Ogni momento di presenza è una conquista. Mentre laviamo i piatti o ci spogliamo a tratti siamo presenti e a tratti ci identifichiamo con il contenuto della mente sognando a occhi aperti, immaginando situazioni e dialoghi assortiti... ma per ora siamo schiavi e non possiamo evitarlo, non abbiamo sufficiente Volontà per evitarlo, possiamo solo sforzarci di "tornare in noi" appena ce ne ricordiamo e prolungare questo stato di presenza finché ci è possibile. Noteremo presto che questi esercizi sono quindi un continuo andare e venire da uno stato di presenza a uno di assenza. Una continua lotta per rimanere desti. E la lotta contro la meccanicità è ciò che ci serve per provocare la « cottura alchemica » delle sostanze che vanno a formare i nostri "corpi sottili".
Nei primi tempi sarebbe bene non mischiare i differenti esercizi: è meglio concentrarsi per un’intera settimana su un unico esercizio e poi cambiare. Sette giorni è il periodo ideale. Dopo sette settimane si conclude un ciclo e se ne può cominciare uno successivo, mantenendo gli stessi esercizi oppure sostituendone qualcuno.
L'attenzione divisa. Praticando gli esercizi ci si accorge che il ricordo di sé implica il verificarsi di un particolare fenomeno detto « attenzione divisa », cioè la capacità di prestare attenzione a ciò che si sta facendo e contemporaneamente a se stessi. L'attenzione prende così due direzioni: una verso l'esterno e una verso l'interno. Nel corso della vita normale invece l'attenzione è monodirezionale, cioè la coscienza è interamente persa nell'evento esterno. Se una persona ci sta parlando noi siamo concentrati su di lei, la nostra coscienza è interamente PERSA in lei, annullata nell'avvenimento esterno. Quando ci si sforza di rimanere presenti ci si accorge che è possibile parlare con una persona prestando attenzione a quanto dice, e contemporaneamente ricordarsi di sé, cioè essere presenti a se stessi. Si può cioè tenere una parte dell'attenzione sempre rivolta verso l'interno.
Questo sforzo fa sì che dentro di noi si strutturi il corpo dell'anima - e che la nostra coscienza divenga perciò immortale - e che il nostro centro di consapevolezza si sposti in esso. Accade che noi diveniamo progressivamente l'entità che osserva l’apparato psicofisico al lavoro, e non si identifica più interamente con esso, non si annulla più in esso. Questa entità è la coscienza extracerebrale, ciò che in oriente viene definito « il testimone », l'osservatore imparziale. Il nostro disidentificarci dalla macchina biologica, il rimanere presenti come osservatori mentre il corpo e la mente fanno qualcosa, fa sì che creiamo nuovi "corpi sottili" da abitare e simultaneamente ci identifichiamo con essi, cioè spostiamo la nostra coscienza in essi. I due processi vanno di pari passo.
Se mentre camminiamo per strada ci proponiamo fermamente di rimanere « svegli » fino all’incrocio successivo, ma dopo qualche minuto sorprendiamo la nostra mente a fantasticare sopra gli argomenti più svariati, allora ancora una volta ci siamo ‘dimenticati di noi’... ci siamo ‘addormentati’.
Non abbiamo il controllo della nostra mente! Non abbiamo il controllo delle nostre emozioni! Non viviamo la vita che scegliamo noi, ma solo quella della nostra macchina biologica.
A questo punto l’assenza di libero arbitrio diviene per noi un fatto indubitabile. Non dobbiamo affidarci alle teorie di qualche filosofo per decidere se l’uomo possiede oppure no una libera Volontà. Lo possiamo sperimentare sulla nostra pelle!
Ma fino a quando non vengono attuate nella pratica, queste rimangono solo parole prive di utilità!
Questo sito non è un ricettacolo di teorie esoteriche, ma un costante richiamo a lavorare su di sé!
2 -- Questa seconda categoria di esercizi è molto differente dalla precedente: non si tratta infatti di ricordarsi di sé per un periodo prolungato (mentre laviamo i piatti o mentre camminiamo per strada), bensì di ricordarsi di sé in corrispondenza di azioni distribuite lungo la giornata, e che possono anche giungere all'improvviso (non possiamo infatti sapere quando squillerà il telefono o quando qualcuno ci rivolgerà la parola).
Una mattina ci alziamo e prendiamo una decisione risoluta: "Oggi, mentre sono in ufficio, voglio ricordarmi di me tutte le volte che giro la maniglia di una porta per aprirla". Questo significa che ogni volta in cui stiamo aprendo una porta dobbiamo essere presenti e pensare: "Ecco, sono presente, sono cosciente di stare aprendo questa porta".
Tornati a casa, oppure alla sera prima di andare a dormire, analizziamo la giornata e verifichiamo quante volte siamo riusciti a ricordarci di noi aprendo una porta. Se aprendo una porta non ci siamo mai fermati a pensare: "Ecco, ora ci sono, sono presente, sto aprendo la porta", allora non ci siamo mai ricordati di noi. Abbiamo aperto le porte nell'inconsapevolezza più totale, cioè nello stesso stato di sonno in cui abbiamo compiuto tutte le altre azioni nel corso della giornata.
Aprire le porte con consapevolezza rappresenta un esercizio efficace perché ci si costringe a restare presenti in un momento in cui è difficile esserlo, in quanto stiamo passando da un ambiente a un altro. Questo è solo un esempio e le varianti adottabili sono molteplici. Possiamo fare sforzi per ricordarci di noi tutte le volte che:
-- apriamo la portiera di un'auto per salire o scendere,
-- saliamo o scendiamo da un autobus,
-- ci alziamo da una sedia o ci sediamo,
-- squilla un telefono (sia nostro che di altri),
-- portiamo il bicchiere alla bocca per bere qualcosa,
-- azioniamo la freccia alla guida dell'auto,
...e così via.
Anche per questa pratica vale la regola dei sette giorni e delle sette settimane. I due diversi generi di esercizi possono essere alternati di settimana in settimana, in modo che dopo quattordici settimane abbiamo completato un ciclo di sette esercizi diversi per ognuno dei due tipi. Le varianti possiamo anche inventarle noi: scegliamo una qualunque azione e ci imponiamo di ricordarci di noi tutte le volte che la svolgiamo, tenendo conto del fatto che l'esercizio serve solo fino a quando ci costringe a compiere uno sforzo; quando ci abituiamo perde la sua efficacia e si deve passare a un altro.
All'inizio probabilmente non ci ricorderemo mai, o addirittura non ci ricorderemo nemmeno di analizzare la giornata alla sera per verificare se qualche volta siamo stati presenti durante il giorno. Ma se tutte le mattine per giorni e giorni ci riproponiamo di farlo, la situazione presto migliorerà. E' importante ribadire che un uomo risvegliato vive permanentemente in quello stato di ricordo di sé che noi fatichiamo a riprodurre solo per qualche istante nella nostra giornata, mentre stiamo mangiando o nel momento in cui squilla un telefono. Essere svegli significa, tra le altre cose, anche questo: ricordarsi continuamente di essere presenti.
Non facciamo esercizi per ottenere risultati, i risultati non contano nulla, il risveglio non è altro che un costante TENDERE VERSO il risveglio, pertanto il nostro obiettivo è restare sempre in uno stato di sforzo verso il risveglio, e non raggiungere il traguardo di ricordarci di noi, né un qualunque altro traguardo. La trasmutazione alchemica si produce a causa dello sforzo, non del risultato. Il lavoro alchemico è un salto nel vuoto, è l'accettazione della propria eternità. Ma a questo stadio è difficile comprendere tale affermazione.

continua...
Testi sull'argomento:
LA PORTA DEL MAGO
Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni, Torino (2007)
RISVEGLIO
Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni, Torino (2007)
LA QUARTA VIA
P.D. Ouspensky, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1974 (1921-1946)
FRAMMENTI DI UN INSEGNAMENTO SCONOSCIUTO
P.D. Ouspensky, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1976 (1915-1923)
IL RICORDO DI SE'
Robert Earl Burton, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1994 (1991)
LA MACCHINA BIOLOGICA UMANA
E. J. Gold, Edizioni Crisalide, Spigno Saturnia (LT) 1999 (1991)
IL LAVORO PRATICO SU SE STESSI
E. J. Gold, Edizioni Crisalide, Spigno Saturnia (LT) 2004 (1989)
OfficinaAlkemica
il ricordo di se’
( parte II )
Ricordati di te stesso, idiota!
(Gurdjieff, nascosto dietro le quinte, a Orage che sta parlando sul palco)
Se non possiamo controllare la macchina, siamo la macchina.
Robert Earl Burton
esercizi di ricordo di sé più avanzati
Dopo aver acquisito dimestichezza con gli esercizi precedenti, si possono fare tentativi con esercizi che richiedono maggiore impegno. Ad esempio, molti trovano più difficile ricordarsi di sé quando sono in compagnia di altre persone. Fino a quando svolgono gli esercizi in solitudine riescono a mantenere una sufficiente concentrazione su se stessi, ma nel momento in cui devono prestare attenzione a ciò che fa o dice un'altra persona piombano nel sonno più completo.
Facciamo un esempio. Quando laviamo i piatti di norma non occorre un notevole grado di concentrazione, questa è infatti un'attività prevalentemente meccanica, il corpo la compie quasi da solo, tanto che la maggior parte del tempo possiamo permetterci di pensare a tutt'altro fantasticando con la mente. Un po' come accade quando si guida su un'autostrada senza traffico: si può pensare ad altro o parlare con il passeggero, eppure la parte più meccanica del nostro cervello continua a guidare senza problemi.
Se vogliamo svolgere l'esercizio di ricordo di sé mentre stiamo lavando i piatti dobbiamo portare l'attenzione su di noi oltre che sulle consuete azioni necessarie a lavare i piatti ( attenzione divisa ). Dal momento che tali azioni non ci impegnano mentalmente o emotivamente, ma solo fisicamente, l'esercizio risulterà relativamente - relativamente alla dimestichezza che abbiamo acquisito con tali esercizi - semplice. Dovremo infatti impiegare molte energie per dirigere l'attenzione verso l'interno, ma relativamente poche per fare sì che il nostro corpo continui a lavare i piatti.
Se invece stiamo ascoltando una persona che parla siamo molto impegnati a livello mentale, e spesso lo siamo anche a livello emotivo. Se poi siamo noi a parlare, l'impegno è totale. In tali frangenti dividere l'attenzione fra esterno e interno diventa complesso. Sarà sufficiente provare per accorgersi di quanto sia difficile. Se mentre il nostro interlocutore parla noi ci sforziamo di ricordarci di noi, inevitabilmente perdiamo alcuni frammenti del suo discorso. Se la paura di perdere parte di ciò che sta dicendo l'altro è molta, saremo costretti a smettere di fare sforzi per il ricordo e farci assorbire completamente da ciò che dice ( identificarci ).
L'unico modo per migliorare consiste nel provare e riprovare instancabilmente, magari cominciando con i dialoghi al telefono - in quanto la presenza fisica dell'interlocutore è fonte di ulteriore disturbo per il ricordo di sé. Se possiamo guardare in faccia l'altra persona, e lei può guardare noi, siamo molto più coinvolti e identificati con la situazione che si sta svolgendo, mentre al telefono il numero di sensi interessati all'esperienza è minore.
Provando ci accorgeremo che nel momento in cui la mente deve comprendere il significato delle parole dell'altro, o deve pensare alla risposta da dare, perde la capacità ricordarsi di sé: o fa una cosa, o fa l'altra. Non siamo abituati a dividere l'attenzione perché siamo sempre vissuti nell'identificazione completa con la nostra mente. Nessuno ci ha mai detto che possiamo essere un'"entità esterna" che osserva la mente al lavoro.
Riusciamo a osservare il corpo che lava i piatti, ma ci è difficile osservare la mente mentre compie un ragionamento. Nell'istante in cui la mente deve rispondere, la nostra coscienza, che magari fino a un attimo prima era riuscita a restare presente, e quindi divisa, si riidentifica al cento per cento con la mente pensante.
Questo è dovuto al fatto che noi possediamo ancora uno scarso controllo sulla nostra mente e sulle nostre emozioni, mentre ne abbiamo uno molto maggiore sul corpo fisico. Controllo e identificazione sono inversamente proporzionali: meno siamo identificati - cioè meno siamo coinvolti - con qualcosa, più ne abbiamo il controllo.
Un buon esercizio in preparazione al ricordo di sé in compagnia di altre persone può essere svolto mentre si guarda la televisione. In questo caso si è meno coinvolti perché ci si esercita in solitudine, ma allo stesso tempo si lavora sulla disidentificazione dalla mente, cioè sul ricordarsi di sé mentre la mente segue i dialoghi di un film o di una qualsiasi trasmissione. All'inizio non è semplice nemmeno questo, ma in ogni caso è preferibile cominciare a compiere questo genere di sforzi davanti alla tv, uno strumento con il quale non dobbiamo interagire in maniera attiva, che buttarsi subito nel mezzo di una conversazione dove il coinvolgimento è decisamente maggiore e il ricordo di sé diviene un'impresa titanica.
Altra possibilità è quella di sforzarsi di ricordarsi di sé mentre si legge. Ci si accorgerà presto che nei momenti in cui si porta l'attenzione verso l'interno si perde il significato di ciò che si sta leggendo. Più precisamente: una parte di noi è ancora capace di svolgere una funzione automatica di lettura, ma la mente che deve comprendere il significato non riesce a lavorare in due direzioni contemporaneamente: o si ricorda di sé, o afferra il significato. E' consigliabile esercitarsi inizialmente con letture poco impegnative dal punto di vista del significato.
Ricordarsi di sé ogni volta che si inizia a parlare a qualcuno costituisce un altro buon esercizio. Appartiene alla categoria degli esercizi "istantanei". Il momento in cui parleremo ci coglierà sempre di sorpresa. Sul lavoro qualcuno ci farà una domanda e la risposta uscirà da noi meccanicamente. Solo al termine della conversazione ci accorgeremo di non esserci ricordati di noi quando abbiamo pronunciato le prime parole.
Risulta interessante analizzare cosa accade in questo caso. Per esempio, decidiamo fermamente che ci ricorderemo di noi tutte le volte che rivolgeremo la parola a qualcuno durante le prossime tre ore. Non dobbiamo ricordarci di noi durante l'intera conversazione, il che costituirebbe già il passo successivo, ma solo al momento di pronunciare le prime parole. Nonostante il nostro fermo proposito, quando qualcuno ci interpellerà, le parole usciranno dalla nostra bocca come se fossero attirate dalle parole del nostro interlocutore, come se fossero una conseguenza inevitabile delle sue parole. Ciò dimostra che la nostra risposta in realtà non è mai pensata, ma è solo frutto di una reazione meccanica alla domanda dell'altro, o all'evento che abbiamo commentato.
Il nostro parlare è sempre una reazione meccanica all'avvenimento esterno, perché noi, come coscienza, veniamo bypassati dalla nostra mente. La coscienza osservatrice ( il testimone ) e la mente razionale sono due cose completamente diverse. Non riusciamo a frenare la reazione meccanica della nostra mente, non ci ricordiamo nemmeno di farlo, perché il nostro parlare è un meccanismo che funziona nello stesso modo da decenni, e tutti intorno a noi ne sono ugualmente schiavi, pertanto non abbiamo un valido metro di paragone. Notiamo un evento esterno e reagiamo meccanicamente, pensando o parlando senza aver realmente pensato in maniera cosciente, cioè con tutto il nostro essere in stato di presenza.
Possiamo veramente accorgerci che i nostri pensieri e le nostre parole sono meccanici - cioè reazioni meccaniche a stimoli sensoriali esterni – solo quando proviamo a fermarli coscientemente per mezzo di tali esercizi. Altrimenti questa rimane una teoria come tante.
Le conseguenze del parlare in stato di sonno anziché in stato di ricordo di sé sono sotto i nostri occhi tutti i giorni: i rapporti sociali su questo pianeta sono semplicemente disastrosi; e si va dal rapporto di coppia ai rapporti internazionali fra gli Stati.
Un altro buon esercizio consiste nel pensare "Io sono" non meno di una volta ogni ora, per tutto il giorno. Questo serve a permeare di ricordo di sé l’intera giornata. Sarebbe meglio accompagnare il pensiero con un'inspirazione (pensando "Io") e un'espirazione (pensando "sono").
Ricordarsi di sé ogni volta che si pronuncia la parola "Io" costituisce un esercizio molto avanzato e difficile da mettere in pratica. Purtuttavia a un certo grado del cammino sarà possibile eseguirlo e la sua efficacia è assicurata.
Anche mentre si mangia ci si può ricordare di sé. L’esercizio consiste nel rimanere presenti dal momento in cui si porta il cibo alla bocca a quando si inghiotte il boccone. Portare la propria attenzione sulla masticazione condiziona in maniera notevole l’assimilazione delle sostanze nutritive da parte dell’organismo; la presenza fa sì che cogliamo con maggiore profondità i sapori, estraiamo molta più energia dagli alimenti e di conseguenza percepiamo molto prima il senso di sazietà.
Ricordarsi di sé mentre si mangia spesso risulta difficoltoso per la presenza di altre persone che ci rivolgono la parola. In tal caso la buona regola di “non parlare con la bocca piena” può venirci in aiuto per consentirci di svolgere il nostro esercizio prima di dover rispondere a qualcuno.
Un contributo al ricordo di sé viene dato dallo sforzo di compiere delle semplici operazioni invertendo il lato con cui si compie l’azione. Per esempio, possiamo sforzarci di mangiare per una settimana con la mano sinistra invece che con la destra (o viceversa per chi è mancino) portando il cibo alla bocca con la mano sinistra e tagliando il pane con la mano sinistra. Lavarsi i denti, farsi la barba o depilarsi con la sinistra è un altro buon metodo per costringersi a rimanere presenti durante queste attività.
All'interno di una scuola esoterica è possibile esercitarsi fra allievi, e questa è in effetti la soluzione migliore. Risulta infatti più semplice ricordarsi di sé mentre si ascolta o si parla con qualcuno che sappiamo si sta a sua volta sforzando di ricordarsi di sé. Questo permette di acquisire una certa sicurezza 'in famiglia', e sarà poi meno complicato fare sforzi quando ci si sposta all'esterno della scuola.
concentrare lo sforzo
Una importante raccomandazione è necessaria: concentrare tutto lo sforzo durante il tempo che si è deciso di dedicare all'esercizio e non cercare di ricordarsi di sé anche al di fuori di questo tempo. Per quanto riguarda la prima serie di esercizi, se ad esempio decidiamo di ricordarci di noi tutte le volte che ci alziamo da una sedia, dobbiamo decidere in anticipo per quanto tempo fare sforzi in questa direzione.
Possiamo farlo per tutta la mattina, o durante le ore di lavoro in ufficio, o solo nel percorso dall'ufficio a casa, o esclusivamente dal momento in cui varchiamo la soglia di casa fino all'ora di cena, oppure possiamo decidere di fare sforzi per le prossime due ore indipendentemente da dove ci troveremo.
E' importante stabilire un limite di inizio e fine. Non è di alcuna utilità fare sforzi indiscriminati per tutto il giorno, perché si perde in capacità di concentrazione e l'esercizio non risulta altrettanto efficace. A meno che non si stiano praticando esercizi che per la loro natura richiedono un'estensione illimitata (ad es. l'esercizio dell'"Io sono"). Dobbiamo avere molta pazienza e procedere per gradi, non dobbiamo farci prendere dall'ansia di voler fare tutto subito. Questa risulta a lungo andare la tecnica migliore per svegliarsi. Sono consigli che nascono dalla mia esperienza diretta.
Per quanto concerne gli esercizi di "ricordo di sé prolungato" vale lo stesso principio. Se decidiamo di ricordarci di noi mentre spazziamo il pavimento non dobbiamo fare alcun tentativo né prima né dopo. Se decidiamo di farlo per il tempo in cui viaggiamo sull'autobus, dal momento in cui scendiamo dobbiamo interrompere gli sforzi.
Tuttavia nel breve tempo in cui decidiamo di concentrare gli sforzi tutta la nostra energia deve essere veicolata in quel tentativo. Se decidiamo di compiere sforzi per due ore, dobbiamo considerare quelle due ore come le ultime due ore della nostra vita. Sprecheremmo le nostre ultime due ore di vita per vagare con l'immaginazione da un pensiero all'altro senza alcuno scopo?
Qualunque cosa succeda in quelle due ore noi ci ricorderemo di noi stessi! Questo deve essere l'atteggiamento. Sforzi prolungati per troppe ore lungo la giornata non portano a nulla. Sforzi concentrati ma potenti portano inevitabilmente al risveglio.
Approdare a un nuovo stato di coscienza significa anche entrare consapevolmente in una nuova dimensione: la quarta dimensione. Questa dimensione è stata esaurientemente descritta da poeti, scrittori e chiaroveggenti, e la letteratura in merito è vasta (si vedano Arthur E. Powell e P.D. Ouspensky fra tutti). Penetrare in questa dimensione è come conquistare una fortezza nemica: dobbiamo organizzare dei raid mirati e potenti. Non possiamo combattere tutto il giorno con tutte le nostre truppe, perché ci esporremmo eccessivamente al fuoco nemico e dopo una settimana saremmo esausti. Attacchi di poche ore, ma portati regolarmente tutti i giorni, prima o poi ci consentiranno inevitabilmente di aprire una breccia nel muro nemico. Una volta aperta una breccia nella quarta dimensione, sarà più semplice penetrarvi le volte successive.

continua...
Testi sull'argomento:
LA PORTA DEL MAGO
Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni, Torino (2007)
RISVEGLIO
Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni, Torino (2007)
LA QUARTA VIA
P.D. Ouspensky, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1974 (1921-1946)
FRAMMENTI DI UN INSEGNAMENTO SCONOSCIUTO
P.D. Ouspensky, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1976 (1915-1923)
IL RICORDO DI SE'
Robert Earl Burton, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1994 (1991)
LA MACCHINA BIOLOGICA UMANA
E. J. Gold, Edizioni Crisalide, Spigno Saturnia (LT) 1999 (1991)
IL LAVORO PRATICO SU SE STESSI
E. J. Gold, Edizioni Crisalide, Spigno Saturnia (LT) 2004 (1989)
OfficinaAlkemica
il ricordo di se’
( parte III )


Ricorda te stesso sempre e dovunque. Il ricordo di sé produce precisi mutamenti chimici che provocano la comparsa dell'essenza dell'essere umano.
P.D. Ouspensky
L'attenzione divisa non produce risultati immediati e i centri superiori non possono sopraggiungere senza lo sforzo perseverante di molti anni. Svegliarsi è difficile, ma può essere fatto. E' impossibile svegliarsi senza dedicarsi totalmente alla propria evoluzione. Si è in errore se si pensa che siano sufficienti delle mezze misure.
Robert Earl Burton
vedere il sonno
Un risultato importante che si ottiene dagli esercizi di ricordo è quello di toccare con mano il proprio stato ipnotico. Possiamo comprendere che se siamo svegli solo nei momenti in cui ci sforziamo di ricordarcelo, allora dormiamo e viviamo come burattini per tutto il resto della giornata. Prendiamo decisioni nel sonno, lavoriamo nel sonno, studiamo nel sonno, facciamo l'amore nel sonno, intratteniamo i rapporti umani nel sonno.
Praticando gli esercizi, dopo un po’ di tempo, ci ricorderemo di noi - cioè saremo coscientemente presenti - anche al di fuori dei momenti stabiliti per l'esercizio. Magari camminando per strada improvvisamente ci ricorderemo di noi ("Ecco, sono presente, cammino e mi ricordo di me, non sto vagando fra i pensieri come al solito"), senza averlo prestabilito e senza aver fatto uno sforzo. In tal caso potremo approfittare della situazione mantenendo quello stato di presenza più a lungo possibile prima di ricadere nel sonno, ma, come detto in precedenza, non si devono fare sforzi al di fuori dello spazio riservato agli esercizi.
Nei momenti di ricordo, osservandoci con attenzione, possiamo cogliere la differenza fra lo stato di coscienza in cui ci ricordiamo di noi e lo stato in cui eravamo un attimo prima, quando non ci ricordavamo e stavamo dormendo. E' indispensabile portare avanti questo lavoro sul cogliere la differenza fra i due stati di coscienza. Dovremmo farlo ogni volta che ci è possibile, ossia ogni volta che ce ne ricordiamo.
Se stiamo scendendo dall'autobus e ci ricordiamo di noi per un istante, se riusciamo cioè a essere presenti e non compiamo nel sonno quell'azione ("Ecco, ci sono, sono presente e sto scendendo dall'autobus"), possiamo sforzarci di prolungare questo stato cogliendo la differenza tra come siamo adesso e come eravamo qualche minuto prima sull'autobus: "Cosa facevo? A cosa ho pensato per tutto il tempo del viaggio? Se io sono presente solo ora, allora chi pensava e chi compiva le azioni al mio posto fino a poco prima? Nel sonno avrei potuto picchiare qualcuno reagendo a un'offesa, avrei potuto decidere di cambiare lavoro, o avrei potuto invaghirmi di una persona e risolvermi in seguito di sposarla."
Vivere nel sonno è pericoloso, ma lo si può comprendere solo a un certo grado di risveglio. L'uomo comune, che non ha mai provato a svegliarsi, non puo’ essere cosciente del pericolo derivante dal trascorrere la propria vita nel sonno. D'altronde le cronache quotidiane illustrano in maniera soddisfacente le conseguenze della vita nel sonno. Siamo sonnambuli che camminano dormendo sul cornicione di un palazzo a venti metri da terra! Finché dormiamo sembra che vada tutto bene.
Se, ad esempio, mentre mangiamo un panino proviamo a fare l'esercizio di ricordo di sé, possiamo confrontare i momenti in cui siamo coscienti delle azioni che compiamo con quelli in cui invece mangiamo pensando a tutt'altro, e quindi in effetti non mangiamo nel vero senso del termine, perché il nostro corpo fisico mangia meccanicamente senza che noi ne siamo coscienti ("Adesso mangio e sono presente, porto il panino alla bocca e lo mordo, e ne sono cosciente. Ma un attimo prima dove ero mentre mangiavo? Perché la mia autocoscienza non era qui con me?").
Il risveglio consiste nello sforzo di ricordarsi di sé e nel successivo confronto fra i momenti di ricordo, di effettiva presenza, e i momenti precedenti di sonno, di assenza. Se riusciamo a sentire dentro di noi in modo EMOTIVO questa sottile ma enorme differenza allora abbiamo compreso la differenza fra un essere umano che dorme e un essere umano che cerca di svegliarsi. Questo significa toccare con mano il proprio stato ipnotico, e sovente qualcuno ne rimane sconvolto.
volontà [thelema]
Il secondo scopo degli esercizi è sviluppare un ottimo grado di forza di Volontà - in greco Thelema, come viene definita negli insegnamenti di Aleister Crowley - indispensabile in tutti gli aspetti del lavoro su di sé. Quando lavoriamo sull'immaginazione negativa (il "dialogo interno" della nostra mente) e sulle emozioni negative, possiamo sfruttare la Volontà costruita grazie al ricordo di sé.
Rammentiamo che l'uomo addormentato non possiede vera forza di Volontà, egli fa ciò che la vita gli permette di fare; questo può anche consentirgli di divenire casualmente un uomo colto e di successo, ma non di acquisire un reale potere sugli eventi circostanti. Il fatto che dobbiamo compiere degli sforzi immani per combattere la meccanicità dei nostri atti e ricordarci di noi, è la dimostrazione di questa nostra incapacità di volere. Pensiamo di essere liberi di volere perché decidiamo cosa ordinare al ristorante, mentre in realtà non decidiamo nemmeno quello, i nostri meccanismi inconsci decidono, e loro decidono in base alle informazioni presenti nell’ambiente. Fingiamo di volere, mentre ci lasciamo trascinare da forze più grandi di noi.
La forza di Volontà non è altro che la capacità di utilizzare l'energia. Gli esercizi sul ricordo aumentano la nostra capacità di disporre dell'energia. Quando cominciamo a svolgere questi esercizi per noi è un giorno storico, sacro, perché per la prima volta opponiamo resistenza cosciente alla meccanicità che ci ha sovrastati durante tutta la nostra vita. Per la prima volta ci sforziamo di decidere qualcosa: "Voglio essere io a stabilire cosa pensare e quando pensarlo, voglio decidere io se arrabbiarmi o no, se avere paura o no. Non voglio più essere schiavo". Un uomo nuovo sta nascendo in noi e ora vuole essere padrone in casa sua.
Dobbiamo diventare degli specialisti del ricordo di sé. Ci sono persone brave a giocare a scacchi, altre brave in uno sport, altre ancora nel cucinare dolci o suonare uno strumento, e alcune sanno fare molto bene il loro particolare lavoro... noi siamo specializzati nel ricordo di noi stessi. Ci accorgeremo presto che ogni altra questione è di minore importanza. Non importa che lavoro facciamo per mantenerci, la nostra specializzazione deve diventare il ricordo di noi stessi. Questa è la nostra preoccupazione più grande: svegliarci. E solo se questa attività diviene il nostro centro di gravità permanente per anni, allora possiamo sperare di svegliarci. Avere un lavoro o essere disoccupati non è di alcuna importanza se non si è svegli. Avere un partner o essere single non fa differenza finché si dorme. Nel sonno è tutto uguale.
Ogni singolo sforzo compiuto nel tentativo di svegliarsi provoca una TRASMUTAZIONE ALCHEMICA: durante questi tentativi di ricordo di sé si viene a creare un notevole attrito fra l'abitudine meccanica della nostra esistenza e il nostro voler diventare coscienti. Questo attrito genera un « fuoco », e questo Fuoco agisce sui nostri atomi per creare nuovi elementi più sottili che costituiranno i "corpi superiori", compreso il corpo dell'anima o « corpo di gloria ». Tale trasmutazione coinvolge anche lo sviluppo dei corpi emotivo (astrale) e mentale, con la conseguente acquisizione di siddhi, i poteri inerenti il mago: capacità di viaggiare in astrale, materializzare e smaterializzare oggetti, invocare ed evocare entità presenti sul piano astrale e sui piani più alti.
Quel punto di luce che è l'anima comincia ad aggregare gli atomi per costruire il suo nuovo corpo e il nostro centro di consapevolezza inizia a spostarsi in quella direzione, il nostro Cuore comincia ad aprirsi. Il primo giorno in cui compiamo sforzi qualcosa cambia per sempre in noi. Ovviamente, se gli sforzi si limiteranno a pochi mesi di tempo e non proseguiranno, non accadrà nulla di tangibile, ma un seme è stato comunque gettato.
difficoltà
Quando si inizia la pratica di esercizi per il ricordo di sé si possono verificare due condizioni in particolare: si incontrano subito grosse difficoltà e non ci si ricorda nemmeno di fare gli esercizi, oppure si riesce molto bene per qualche giorno o settimana, ma poi si subisce un rapido calo di energia e si abbandona tutto. Entrambi i comportamenti sono perfettamente normali.
Per qualcuno all'inizio sarà difficile persino il ricordarsi di stabilire al mattino appena sveglio in quali occasioni si sforzerà di ricordarsi di sé durante il giorno. E' necessario trovare la forza di Volontà per eseguire almeno i passi iniziali. Il fatto che durante il giorno non riusciamo a essere presenti nemmeno una volta è perfettamente normale, ma se non ce lo imponiamo con forza non abbiamo speranza di migliorare. E' vitale non abbattersi in questa fase, per quanto possa durare a lungo, e ribadire ogni giorno il proprio desiderio di ricordarsi di sé.
Teniamo a mente che lo scopo è sforzarsi, tendere verso, non raggiungere il risultato voluto. Paradossalmente l'esercizio funziona solo fino a quando non siamo in grado di farlo bene e ci sforziamo di farlo.
Quando si riesce anche per una sola volta a essere presenti mentre si sta compiendo una delle azioni descritte negli esercizi, si deve assaporare quel momento cercando di prolungarlo: "Ecco, sono vivo, sono presente qui-e-ora, mi sto ricordando di me, sono in uno stato di coscienza diverso da quello in cui ero prima e diverso da quello in cui sarò fra qualche istante". All'inizio il lavoro è soprattutto mentale, si è costretti a ripetersi frasi simili, in cui si afferma di essere presenti; con il tempo diventerà uno stato interiore: ci si sentirà presenti senza alcun bisogno di ripeterselo; poi diverrà un fatto emozionale (EMOZIONALE SUPERIORE), e solo questo sarà il vero ricordo di sé!
Grazie al contatto con un sistema di pensiero nuovo e all'entusiasmo iniziale che ne deriva accade spesso che si riesca a svolgere anche più esercizi nella stessa giornata e che ci si accorga subito della differenza fra i momenti di presenza e quelli di sonno. Altrettanto spesso però accade che l'entusiasmo iniziale svanisca e si perda totalmente interesse per gli esercizi, se non addirittura per il lavoro su di sé in generale. I cali di energia devono essere previsti, perché sono ciclici e rispettano leggi ben precise su cui noi non abbiamo potere. Ma già il solo fatto di sapere che tali cali devono obbligatoriamente arrivare serve a non far precipitare l'individuo nell'abbattimento più completo.
I cali devono avvenire perché così vogliono le leggi naturali, che sono cicliche. L'attenzione non va concentrata sul tentativo di evitarli, bensì sui metodi per uscirne velocemente grazie a nuove immissioni di energia: leggere un libro, vedere un film particolare, parlare con persone che sono anche loro impegnate nel lavoro, assistere a conferenze... La necessità di contrastare i cali ciclici di energia è forse il principale motivo per cui non è possibile lavorare da soli e a un certo punto è indispensabile trovare una scuola.
Quando si intraprende la strada del risveglio e si decide di iniziare con gli sforzi per ricordarsi di sé, accade di frequente che agli sguardi dei nostri conoscenti - paradossalmente - si appaia come più distratti e meno presenti. Ciò è normale e accade perché non siamo abituati allo stato di ricordo di noi stessi, che è uno stato di attenzione divisa. Il fatto di dividere l'attenzione, all'inizio, e per un lungo periodo, impiega tutte le nostre energie, per cui succede spesso di dimenticare oggetti, di scordare gli appuntamenti, di girare nella via sbagliata, di non afferrare ciò che il nostro interlocutore sta dicendo. Sembriamo più assenti agli occhi degli altri proprio perché ci stiamo sforzando di fare qualcosa che non abbiamo mai fatto e nessuno fa mai: essere presente.
Inoltre il risveglio ci modifica caratterialmente: tutto ciò che è superfluo nella nostra macchina biologica progressivamente scompare. Di conseguenza alcuni potranno trovarci meno interessanti, o più noiosi, o più seri. In realtà non stiamo diventando meno interessanti, è solo che disidentificandoci dalla macchina e identificandoci con l'anima, non rispecchiamo più le aspettative della società, la quale si fonda sulle caratteristiche della macchina biologica: l'essere al centro dell'attenzione, l'essere competitivi, il discutere con coinvolgimento degli argomenti futili più alla moda in un dato momento, esprimere inutili opinioni su qualunque avvenimento... e così via. D'altra parte diventeremo sempre più interessanti e riconoscibili agli occhi di chi ha intrapreso un percorso di risveglio come noi, o di chi possiede anche solo una visione più profonda dell'esistenza rispetto alla norma.
economizzare l'energia
L'uomo ha in sé la capacità di costruire un nuovo corpo che gli permette di cogliere la quarta dimensione, una realtà completamente diversa da quella che percepisce nelle condizioni ordinarie, una realtà che agli altri risulta accessibile solo per mezzo delle droghe, ma per fare ciò ha bisogno di una quantità notevole di energia. All'inizio tale energia viene ricavata semplicemente dalla drastica riduzione degli sprechi. Un uomo infatti, possiede già nella sua macchina biologica l'energia necessaria a iniziare il lavoro su di sé, ma non ne può disporre perché la disperde continuamente in attività inutili e dannose.
Il suo primo obiettivo deve essere quindi il risparmio di energia. Questo gli consentirà di disporre della quantità di energia necessaria a fare sforzi per il ricordo di sé. Gli sforzi per ricordare se stessi necessitano di molta energia. Tali sforzi con il tempo produrranno episodi di reale ricordo di sé, e questi faranno affluire ulteriore energia da reimpiegarsi nel lavoro.
Per risparmiare energia dobbiamo lottare contro le abitudini che ci costringono a disperderla. Sprechiamo energia provando emozioni negative di ogni sorta (quando siamo in ansia, quando ci arrabbiamo con qualcuno, quando siamo nervosi, quando siamo depressi, ecc), sprechiamo energia lasciandoci ossessionare dall'immaginazione negativa (pensiamo a episodi spiacevoli che potrebbero accadere a noi o ai nostri cari, costruiamo dialoghi immaginari nella nostra testa, alimentiamo inutili fantasie di ogni sorta, realizzabili o irrealizzabili, ecc) e sprechiamo energia utilizzando male il nostro corpo (nel compiere ogni movimento contraiamo molti più muscoli di quelli necessari, assumiamo posture sbagliate, ecc).
Emozioni negative e immaginazione negativa verrano trattate nei successivi capitoli, mentre riguardo all'energia che viene sprecata a causa di un cattivo utilizzo del corpo accenneremo qualcosa subito.
Ogni giorno disperdiamo una grande quantità di energia nella contrazione di muscoli che non sono interessati nel movimento che stiamo compiendo, oppure nella contrazione sproporzionata dei muscoli interessati in tale movimento. Ad esempio, nel semplice atto di piantare un chiodo in una parete contraiamo un inimmaginabile numero di muscoli che non dovrebbero venire coinvolti in quell'atto (muscoli del viso, delle spalle, delle gambe, ecc) e contraiamo sia i muscoli necessari che quelli non necessari con un'intensità sufficiente a trainare il vagone di un treno!
Le posture che assumiamo durante il giorno e il nostro modo di camminare sono scandalosamente antieconomici. In particolare la contrazione dei muscoli del viso, che non è quasi mai necessaria, accompagna tutte le nostre attività (probabilmente avete i muscoli della fronte contratti anche adesso che state leggendo) e causa una fuoriuscita continua di preziosa energia. Ci sono molte persone che vivono l'intera giornata con la fronte aggrottata, lo sguardo corrucciato o la mandibola serrata; tanti digrignano i denti anche di notte.
Tutti viviamo con i muscoli del collo e delle spalle - il trapezio - perennemente contratti. Se in questo momento portate la vostra attenzione alle spalle e provate a rilassarle vi accorgete di averle tenute contratte, senza motivo, fino ad ora.
Rientra nell'opera di economizzazione dell'energia portare periodicamente durante la giornata la nostra attenzione sui muscoli del volto e cercare di rilassarli. Lo stesso deve essere fatto per il collo e le spalle. Ogni qualvolta ce ne ricordiamo, la postura che abbiamo assunto in un dato momento - per parlare, per scrivere o per aspettare il bus - deve essere osservata scrupolosamente, mettendo l'accento sui muscoli che non dovrebbero essere contratti e invece o sono, poiché non siamo consapevoli del nostro corpo e questo è quasi un estraneo per noi.
la gestione dell'energia
Un ultimo appunto riguarda l'afflusso di energia che accompagna gli esercizi di ricordo di sé. Un individuo che decide di fare sforzi a lungo e in maniera intensa consuma molto energia, ma allo stesso tempo il frutto di questi sui sforzi - il ricordo di sé - introduce energia e innalza la sua frequenza vibratoria. Se egli non è seguito da qualcuno che è’ più avanti di lui sul percorso del risveglio (e qui si ripresenta la necessità di lavorare all'interno di una scuola) non sa come utilizzare questa nuova energia, la quale, se non correttamente indirizzata, si riversa nella personalità ingigantendone le caratteristiche.
L'individuo potrebbe andare incontro a maggiore irritabilità, nervosismo, mal di testa, crisi depressive, sbalzi d'umore, disarmonia nella capacità decisionale (scelte improvvise condotte in maniera irrazionale). E' dunque necessario che chi svolge tali esercizi si tenga sotto costante osservazione, diventi lo spettatore e l'analizzatore di se stesso, dei suoi pensieri e delle sue emozioni, in modo da accorgersi di quando il suo carattere inizia a manifestarsi con toni esasperati. Quando si rilevano tali disarmonie è consigliabile interrompere ogni esercizio e concentrarsi esclusivamente sugli altri aspetti del lavoro di risveglio: osservazione delle emozioni negative e controllo dell'immaginazione negativa.
Testi sull'argomento:
LA PORTA DEL MAGO
Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni, Torino (2007)
RISVEGLIO
Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni, Torino (2007)
LA QUARTA VIA
P.D. Ouspensky, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1974 (1921-1946)
FRAMMENTI DI UN INSEGNAMENTO SCONOSCIUTO
P.D. Ouspensky, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1976 (1915-1923)
IL RICORDO DI SE'
Robert Earl Burton, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1994 (1991)
LA MACCHINA BIOLOGICA UMANA
E. J. Gold, Edizioni Crisalide, Spigno Saturnia (LT) 1999 (1991)
IL LAVORO PRATICO SU SE STESSI
E. J. Gold, Edizioni Crisalide, Spigno Saturnia (LT) 2004 (1989)
OfficinaAlkemica
LE EMOZIONI NEGATIVE
Noi ci eleviamo inginocchiandoci,
Conquistiamo arrendendoci,
Guadagniamo rinunziando.
il Maestro a Ercole, nel mito dell'Idra
Per mezzo del ricordo di sé si prende atto del proprio stato di addormentamento, si guadagna energia utile per il lavoro successivo, si sviluppa la forza di volontà, si acquisisce la capacità di essere presenti in corrispondenza di determinati eventi e, a livello alchemico, si costruiscono i corpi sottili, fra cui il più importante è il corpo dell'anima. Ma il ricordo di sé è solo una parte del lavoro. Per costruirsi un corpo immortale in grado si ospitare il Sé è indispensabile lavorare assiduamente su più fronti contemporaneamente. La parte più consistente e più difficile del lavoro va compiuta sull'immaginazione negativa e sulle emozioni negative.
Sia ben chiaro che lo stato di risveglio è uno stato « emozionale superiore », non mentale. La costruzione del corpo per l'anima e la conseguente apertura del Cuore sono fatti che concernono le emozioni superiori, cioè la capacità dell'uomo di guardare il mondo attraverso le emozioni superiori anziché attraverso le emozioni negative, e quindi di cogliere il Vero e il Bello.
Il corpo dell'anima è costituito di emozioni superiori e ci permetterà di vedere il mondo attraverso tali emozioni. La nostra macchina biologica è invece costituita di immaginazione negativa ed emozioni negative e ci costringe a vedere il mondo attraverso di esse.
Le emozioni superiori - e quindi il « corpo di gloria » - si sviluppano in due modi:
a) per mezzo del NUTRIMENTO che ci viene dalle cose belle che già adesso siamo in grado di vedere intorno a noi e che ci provocano emozioni superiori. Non dobbiamo farci sfuggire nessuna occasione per cogliere più Bellezza che possiamo e per emozionarci di fronte a questa Bellezza: si va dalle manifestazioni artistiche agli eventi quotidiani che possono commuoverci. Dobbiamo educarci al Bello ponendo l'attenzione sul Bello che gli altri uomini manifestano. La percezione del Bello in una cosa o in una situazione provoca emozioni superiori: amore, compassione, tenerezza, perdono, ... coltivare queste emozioni è il metodo più rapido e sicuro per costruire il corpo dell'anima.
b) attraverso un lavoro alchemico mirato sulle emozioni negative.
I due metodi sono complementari e indispensabili entrambi: si lavora simultaneamente sul ravvivare e incrementare le emozioni superiori che già siamo in grado di provare e sulla trasmutazione di quelle negative che ci impediscono di cogliere la realtà per come è intrappolandoci nell'illusione.
Si tenga ben presente che il lavoro su immaginazione ed emozioni negative deve iniziare parallelamente agli esercizi sul ricordo di sé. L'immaginazione negativa e le emozioni negative ci fanno perdere consistenti quantità di energia. Se non possediamo una sufficiente quantità di energia il ricordo di sé ci appare impossibile; esso infatti comporta un enorme dispendio di energie.
Allo stesso tempo il riuscire a essere presenti - anche se non è ancora il vero ricordo di sé - ci permette di guadagnare energia. Se però dovessimo procedere con il lavoro sul ricordo di sé senza aggiungere un parallelo lavoro su immaginazione negativa ed emozioni negative, perderemmo in queste manifestazioni tutta l'energia guadagnata grazie ai momenti di ricordo. Un'arrabbiatura di qualche minuto, o qualche ora di depressione, possono far perdere la quantità di energia accumulata in settimane di sforzi per rimanere svegli.
La manifestazione senza controllo di emozioni negative fa subire un crollo alla frequenza delle nostre vibrazioni, ci scarica energeticamente e avvelena le nostre cellule anziché favorirne la trasmutazione. Se non lavoriamo su di esse non facciamo altro che versare acqua in uno scolapasta e ci troviamo continuamente al punto di partenza.
Inoltre l'energia acquisita nei momenti in cui ci ricordiamo di noi tende a seguire spontaneamente la linea di minor resistenza e va a rafforzare i vecchi schemi mentali e le vecchie emozioni negative della macchina, quindi, se entrambi non vengono sorvegliati fin dal primo momento, le nostre paure, le nostre rabbie e i nostri pregiudizi diventano sempre meno gestibili e il nostro stato diviene più penoso di quello da cui siamo partiti.
Per inciso è utile rammentare - e non lo si rammenta mai abbastanza - che le pratiche di meditazione o di ricordo di sé non costituiscono di per sé stesse il lavoro di risveglio, e possono divenire pericolose quando non vengono inserite in un contesto di lavoro su di sé globale: l'energia che l'individuo accumula meditando o ricordandosi di sé scorre nei vecchi schemi mentali e nei vecchi schemi emotivi, peggiorando la sua situazione. Simili sono le conseguenze della recitazione di mantra: tale pratica, se non accompagnata da un lavoro di risveglio a 360 gradi, può portare a una tranquillità di natura ipnotica, che è esattamente il contrario di ciò che vorremmo ottenere. Non ci si lasci quindi ingannare dalle condizioni estatiche o dalle 'visioni' a carattere mistico che il persistere su alcune tecniche a volte provoca, perché tali manifestazioni quasi mai coincidono con un effettivo risveglio.
Un nuovo ambiente mentale
Le emozioni negative più comuni sono: rabbia, desiderio di vendetta, odio, invidia, ogni forma di gelosia, senso di colpa, depressione, frustrazione, lamentela, critica, nostalgia, malinconia, paura, ansia, dispiacere, senso di inadeguatezza, senso del possesso, senso di attaccamento alle cose e alle persone, tutti i generi di fastidio: verso chi non la pensa in modo giusto, verso chi non si comporta in modo giusto, ecc.
Il lavoro sulle emozioni negative inizialmente è un lavoro mentale. Noi infatti proviamo emozioni negative perché le giustifichiamo mentalmente e quindi, per fare un buon lavoro, dobbiamo rivedere il nostro vecchio modo di ragionare. Di norma pensiamo che in certe occasioni sia giusto infastidirsi o arrabbiarsi, oppure provare ansia o essere depressi. La giustificazione di tali emozioni è radicata nel nostro inconscio, per cui esse possono ormai esprimersi meccanicamente senza dover affrontare alcun freno cosciente da parte dell'individuo. Gli unici freni alle emozioni negative sono quelli imposti dalla società, quindi non sono voluti, ma sono anch'essi divenuti inconsci e dunque meccanici. Pertanto quando esprimiamo le emozioni più 'basse', così come quando le reprimiamo, tutto avviene meccanicamente.
La fase più importante del lavoro consiste nel convincere prima la mente conscia poi quella inconscia che le emozioni negative non hanno alcuna giustificazione. La mente giustifica le emozioni e le tiene vive, quindi sulla mente bisogna lavorare affinché si crei un « ambiente mentale » in cui le emozioni negative appaiono per quello che sono. Esse da un lato sono manifestazioni che ci sottraggono energia e ci fanno soffrire - se le consideriamo inevitabili e lasciamo che abbiano il sopravvento - dall'altro lato sono strumenti indispensabili alla nostra trasformazione - se cominciamo a osservarle e a lavorarci nel modo corretto.
Vedremo più avanti quanto esse in realtà siano elementi insostituibili del nostro lavoro e non vadano quindi ritenute difetti della persona o manifestazioni sbagliate. Se esse esistono in noi c'è un motivo, non vanno perciò mai né represse né eliminate. Esse rappresentano la fondamentale sostanza da cui ricaviamo le emozioni superiori e, di conseguenza, il nostro nuovo corpo. Ma per ora è bene aver chiaro quanto risulti dannoso giustificarle e appoggiarle.
Si lavora a partire dalla mente conscia introducendo le nuove idee che vengono trattate in questo sistema di pensiero. Abituandosi a pensare in maniera differente si creano nuovi schemi di pensiero nel corpo mentale e questo fa sì che in seguito questi nuovi schemi diventino a loro volta inconsci e prendano il posto di quelli vecchi. Lo scopo di questo lavoro è fare in modo che al nascere dell'emozione negativa una parte della nostra coscienza non si identifichi completamente con essa, ma si ricordi di sé e assuma immediatamente il controllo della situazione cercando di opporre resistenza ai pensieri negativi che inevitabilmente accompagnano tale emozione, e tentando di non lasciarsi coinvolgere integralmente da essa. L'attrito che viene a crearsi durante questi tentativi di opporsi alla meccanicità consente la fabbricazione del corpo dell'anima.
Il passo successivo sarà non provare più emozioni negative e percepire tutto direttamente attraverso le emozioni superiori. In questo modo i fatti del mondo che attraverso i vecchi schemi di pensiero venivano percepiti come brutti, dai nuovi schemi dell'anima vengono immediatamente percepiti per quello che realmente sono oltre l'illusione: Bellezza allo stato puro.
Qualcuno potrebbe chiedersi: "Chi ci garantisce che non stiamo solo sostituendo vecchi meccanismi con nuovi meccanismi - come accade nell'ipnosi, nella programmazione mentale o nel pensiero positivo - e che in tutto questo l'anima c'entri veramente qualcosa?" Rispondiamo che il nostro è un lavoro COSCIENTE e VOLONTARIO; questo significa che per ottenere un cambiamento stiamo operando uno sforzo cosciente andando contro qualcosa che è MECCANICO e INVOLONTARIO.
Se noi utilizziamo una qualsiasi forma di programmazione mentale alla fine del nostro lavoro rimaniamo addormentati esattamente come prima, con la sola differenza che adesso siamo schiavi di meccanismi differenti da quelli precedenti. Con il risveglio invece noi diventiamo liberi di provare le emozioni che vogliamo e di pensare ciò che vogliamo: vediamo la realtà sottostante l'illusione e di conseguenza possiamo scegliere se arrabbiarci oppure no; ma fino a quando non vediamo la realtà siamo costretti ad arrabbiarci senza alcuna possibilità di scelta. Deve esser chiaro che la differenza non sta nell'assumere un comportamento 'buono' piuttosto che uno 'cattivo' - rimanendo sempre limitati alla sfera della macchina biologica - bensì nel vedere o non vedere cosa sta accadendo realmente, e nella libertà di agire come più ci pare, magari anche con lo stesso comportamento di prima!
Psicoanalisi, pensiero positivo, ipnosi, programmazione neurolinguistica e molte altre tecniche si limitano ad agire nell'ambito della nostra macchina, permettendoci di ottenere una macchina che ci piace di più o che ci è più utile nella vita sociale, ma non agiscono 'alla radice', non ci consentono di traslare il nostro centro di consapevolezza dalla macchina biologica all'anima e non ci dischiudono la verità oltre le apparenze. Quando va bene ottengono come risultato la creazione di una prigione un po' più confortevole per noi e per chi ci circonda.
Un'altra frequente domanda è: "Tutta la gioia e l'amore che si provano in questo nuovo stato non potrebbero essere frutto di un forte autoconvincimento che impedisce di vedere la vita con tutte le sue reali sofferenze? Non è forse un modo per fuggire alla vita entrando in un delirio di beatitudine allucinatoria?".
Chi pone questa domanda lo fa da uno stato di coscienza diverso da quello risvegliato. Quando si è ancora identificati con la macchina può sorgere la paura di divenire vittime di un lavaggio del cervello di natura tale da annullare anche solo la possibilità del dubbio circa la veridicità del nuovo stato di coscienza. Ma questa paura può sorgere unicamente in un individuo che è ancora identificato con la sua mente e che immagina lo stato risvegliato come un 'diverso stato della mente', non come uno stato « sovramentale ». Nello stato risvegliato si guarda a partire dall'anima e si vede la propria mente dal di fuori, la si guarda mentre lavora e pensa; è qualcosa di totalmente diverso da ogni fenomeno possiamo immaginare adesso utilizzando la nostra mente. Se lo si immagina unicamente come un differente stato della propria mente, magari più gioioso e rilassato, allora non si è capito nulla, e possono ancora sorgere domande come la precedente. Ma quando si è in quello stato si può solo ridere di tali domande!
Perché le emozioni negative non sono giustificabili e vanno trasformate?
a) Le emozioni negative nascono dall'incapacità di vedere quello che veramente accade nel mondo intorno a noi; se noi vedessimo la realtà non proveremmo mai emozioni negative. Inoltre la loro manifestazione incontrollata le rende più forti e aumenta questa incapacità di vedere innescando un circolo vizioso: più siamo depressi, più vediamo il mondo brutto, più lo vediamo brutto più ci deprimiamo.
Noi crediamo che un evento esterno oggettivo causi il nostro fastidio, invece sono i vecchi schemi di pensiero che abbiamo dentro - i pregiudizi sulla realtà - a farci vedere un determinato evento così come lo vediamo; e un evento visto dall'interno degli schemi di pensiero della macchina risulta completamente falsato.
Tutti i Maestri risvegliati affermano che il mondo è Bello. Essi vivono in un costante stato di Gioia dovuto a un senso di innamoramento per la vita che li pervade in maniera stabile. Se noi viviamo nella sofferenza anziché nella Gioia ciò è dovuto alla cronica incapacità della macchina di percepire la Bellezza della realtà.
Siamo ciechi. Non abbiamo occhi per vedere. Quest'affermazione deve entrare a far parte del nostro intero essere. Non siamo in grado di vedere cosa sta accadendo, quindi ogni nostra opinione sul mondo è allucinata già alla radice. I meccanismi della macchina ci impediscono SEMPRE di vedere la realtà, e ogni emozione negativa aggiunge un velo ulteriore, perché rafforza la nostra fede nella veridicità dell'allucinazione che abbiamo sotto gli occhi, immergendoci in un circolo vizioso di falsità.
Gesù chiamava la nostra dimensione il "mondo della menzogna", Budda la definiva l'illusione, nella tradizione indù si parla di Maya.
Riportiamo un esempio: un uomo ruba il portafoglio a un altro. Non è vero, non è mai successo, su questo pianeta nessuno può rubare qualcosa a qualcuno; in realtà sta accadendo tutt'altro, ma dall'interno dei nostri schemi mentali potremmo giurare di vedere un uomo che ruba il portafoglio a un altro. L'illusorietà di quanto percepiamo è un concetto difficile da afferrare per chi è sempre vissuto in un'allucinazione, perché l'allucinazione è consensuale, cioè tutti la condividono e la confermano. Ma chi è uscito dall'allucinazione vede con certezza che nessuno può rubare portafogli.
A livello fisico si muovono certe energie, quindi quell'uomo sta effettivamente compiendo quell'azione, ma non ha niente a che vedere col rubare qualcosa a qualcuno. Lo stesso vale per l'omicidio: due uomini compiono delle azioni uno rispetto all'altro, ma il fatto che uno abbia ucciso l'altro è un'invenzione della nostra macchina, un'interpretazione fornita dai nostri meccanismi condizionati, dai nostri pregiudizi mentali. Sulla Terra non è mai accaduto che qualcuno uccidesse qualcun altro!
Approfondiamo questo primo punto perché è quello fondamentale. Ci accade un evento: qualcuno fa un'affermazione dispregiativa nei nostri confronti. Noi non possiamo ancora usare il Cuore per vedere cosa è accaduto realmente perché non siamo identificati con il sé, l'anima, pertanto la nostra macchina interpreta l'evento secondo i suoi schemi meccanici: "Mi hanno insultato". L'interpretazione mentale della macchina ci fa provare un'emozione negativa: ci arrabbiamo. L'emozione negativa abbassa la frequenza delle nostre vibrazioni - cioè aggiunge un ulteriore velo all'illusione - e ci rende ancor più distanti dalla realtà. Meno vediamo, più tutto diventa allucinato, quindi rispondiamo all'insulto... l'altra persona si esaspera ulteriormente... e poi si arriva alle grida e alla rissa in una spirale discendente.
Diventa più chiaro adesso perché si è detto che il lavoro va inizialmente condotto sulla mente. Il processo di alterazione della realtà inizia sempre da una interpretazione errata da parte della mente della macchina, e avviene inconsciamente, cioè prima che la nostra parte conscia abbia il tempo di intervenire in qualsiasi modo. Al fine di imparare a cogliere la realtà attraverso emozioni superiori il lavoro più arduo va compiuto prima a livello della mente cercando di convincere la personalità che allo stato attuale non è in grado di conoscere nulla circa gli eventi che le accadono.
b) Le emozioni negative ci privano dell'energia necessaria al risveglio. Praticando gli esercizi per il ricordo di sé ci accorgiamo presto che per risvegliarsi occorrono grandi quantità di energia, perché si tratta di mantenere un livello di attenzione elevatissimo e, soprattutto, di costruire un nuovo corpo con le nostre stesse forze. Il motivo per cui a volte il ricordo di sé sembra impossibile è proprio la mancanza di energia. Se avessimo più energia potremmo fare più sforzi per ricordarci di noi, e questo ci sveglierebbe alle dimensioni superiori e costruirebbe il nostro corpo dell'anima.
La lamentela, le arrabbiature, il nervosismo, il fastidio verso cose o persone, il continuo dialogo interiore della mente, scaricano all'esterno la preziosa energia che invece dovremmo utilizzare per la nostra trasformazione. Se l'obiettivo ci appare inarrivabile il motivo è che manifestiamo emozioni negative e ci perdiamo nell'immaginazione negativa.
c) Le emozioni negative, così come gli schemi di pensiero che ne sono all'origine e che le giustificano, non appartengono a noi: sono fenomeni esterni a noi. L'anima utilizza una macchina biologica, la quale ha un suo modo di pensare circa il mondo e di conseguenza prova certe emozioni... ma tutto ciò non siamo noi. Noi non siamo la nostra macchina, bensì un'anima che attualmente è identificata con una macchina. L'anima è identificata con la macchina perché attualmente non possiede un altro corpo attraverso cui manifestarsi. Noi possiamo costruirle questo corpo utilizzando e trasformando gli elementi stessi della macchina.
Inoltre ciò che costituisce la macchina con cui siamo identificati è materiale preso dal pianeta, materiale che la macchina attira a sé per « simpatia vibratoria ». Essa entra continuamente in risonanza con pensieri ed emozioni che attraversano l'atmosfera del pianeta. Quando noi proviamo un'emozione negativa ci stiamo stupidamente identificando con oggetti emotivi che passano nell'aria e che la nostra mente ha attratto a sé e ha fatto suoi. Se la nostra mente pensasse in maniera corretta, al sopraggiungere di un certo pensiero e di una certa emozione non li giustificherebbe, ma li riconoscerebbe come oggetti di passaggio inutili e assurdi e non si identificherebbe con essi. Invece la nostra mente è convinta che quelle emozioni siano sue, che sia giusto provarle e che non esista modo per smettere di provarle!
L'emozione negativa che viaggia nell'aria è solo una vibrazione con una certa frequenza, non un pensiero definito, già formato. Per esempio, mentre siamo in coda alla posta nell'atmosfera girano determinate vibrazioni di bassa natura emanate dalle altre persone in coda che si lamentano. Ammettiamo che si lamentino perché stanno pagando bollette troppo care, ma noi non ci sentiamo minimamente coinvolti perché non dobbiamo pagare delle bollette. Tali vibrazioni investono comunque la nostra macchina.
Se ci arrivasse un pensiero di lamentela rivolto in modo specifico alle bollette noi lo riconosceremmo subito come non nostro e lo scacceremmo, perché in tal caso ci accorgeremmo di non avere nessun motivo razionale per lamentarci. Il problema è che arriva solo una vibrazione, non un pensiero già costruito, e tale vibrazione entra in risonanza con una vibrazione corrispondente che si trova già fra i nostri meccanismi, cioè qualcosa che ci appartiene.
Se già in partenza all'interno della nostra macchina non esistesse alcuna tendenza verso queste manifestazioni basse, non attireremmo più emozioni e pensieri di natura bassa. Ma se noi solitamente ci lamentiamo del governo, o dell'economia mondiale, possediamo comunque la vibrazione della lamentela già dentro di noi, quindi entriamo in risonanza con quella vibrazione di lamentela che c'è in coda alla posta, con la sola differenza che noi cominceremo a costruire pensieri di lamentela circa il governo, non circa le bollette troppo care, e a provare emozioni negative conseguenti a quel pensiero.
In questo modo, anche se tali basse vibrazioni sono oggetti estranei a noi, noi non li riconosciamo come estranei, perché li coloriamo con la nostra personale sfumatura di pensiero (il governo, piuttosto che l'economia, la guerra o la pettinatura del nostro partner), dunque li riteniamo nostri e li alimentiamo rimuginandoli a lungo.
L'emozione negativa è un'energia dotata di una certa frequenza piuttosto bassa che entra nella nostra macchina seguendo la « linea di minor resistenza » che qui trova, cioè seguendo il canale più largo che si è formato in noi grazie alle nostre abitudini di pensiero.
Lavorando assiduamente su pensieri ed emozioni negative facciamo sì che anche le tendenze interiori che già sono radicate dentro di noi (per cause genetiche e abitudini socio-ambientali) con il tempo si affievoliscano, fino a scomparire. Evitando di alimentarle a ogni occasione esse infatti progressivamente muoiono per mancanza di cibo.
d) Le emozioni negative vanno a inquinare il piano emotivo del pianeta, e contemporaneamente gli schemi di pensiero che le sottendono vanno a inquinare il piano mentale del pianeta. Ogni volta che ci abbandoniamo a una emozione negativa danneggiamo tutti gli abitanti del pianeta, i quali grazie a noi troveranno più facile arrabbiarsi, lamentarsi o sentirsi frustrati.
Chi causa l'odio e la guerra nel mondo? Noi, ogni volta che siamo in guerra con qualcuno e proviamo odio. Vogliamo la pace ma lavoriamo in maniera sistematica contro la pace tutte le volte che durante il giorno critichiamo il comportamento di qualcuno... compreso il comportamento di chi fa la guerra. Le nostre critiche e i nostri bisticci coi parenti si riverberano nell'atmosfera emotiva del pianeta e vanno a inasprire i conflitti che già ci sono in tutto il mondo.
Guerra, sfruttamento e prevaricazione che sono dentro di noi sono la causa degli stessi fenomeni a livello planetario. Se da qualche parte ci sono dei bambini costretti a lavorare dodici ore al giorno i responsabili siamo proprio noi... si... proprio noi che abbiamo firmato la petizione contro lo sfruttamento minorile operato dalle multinazionali e poi riempiamo l'atmosfera di escrementi provando emozioni negative alla vista di un certo uomo politico o di un certo nostro parente.
Inquiniamo la stessa atmosfera emotiva e la stessa atmosfera mentale in cui crescono le nuove generazioni di bambini, i quali dopo pochi anni sono già pieni di emozioni negative e pensieri di una banalità e di una uniformità sconcertanti. Fino a quando emetteremo anche una sola emozione negativa saremo corresponsabili dell'odio fra ebrei e palestinesi così come del terrorismo internazionale, il quale si alimenta proprio grazie al nostro contributo. Si sta parlando di un fenomeno perfettamente fisico, non morale.
e) Le emozioni negative e gli schemi di pensiero che le sottendono - la separatività, la competitività, il senso di inadeguatezza - servono da nutrimento alle entità che si trovano sugli altri piani del globo terrestre. Abbiamo appena parlato di inquinamento emotivo e mentale causato dalle vibrazioni emotive e mentali emesse dalle macchine umane, che vanno a unirsi a quelle che già appestano l'atmosfera e poi ricadono sugli uomini stessi. Accenniamo adesso ai defunti che abitano i piani sottili del pianeta.
Ebbene questi defunti solitamente si aggirano intorno a noi, si nutrono delle nostre emanazioni più basse e fanno di tutto perché noi ne emettiamo sempre di più influenzando il nostro comportamento. Questo nutrimento non è per nulla metaforico, ma è reale e tangibile per chiunque sia chiaroveggente.
Uguale condotta segue un altro genere di entità, ancora più pericoloso: i diavoli, cioè gli esseri della divisione. Anche queste entità vivono nutrendosi di ogni nostro pensiero separativo e di ogni nostra emozione negativa. All'inizio essi si precipitano su di noi non appena cominciamo a emettere rabbia, odio, depressione, frustrazione e così via, succhiando letteralmente la vibrazione da noi emessa e ingrassandosi di essa. Ma dopo breve essi ci circondano quotidianamente, entrano in simbiosi con noi, tanto che a un certo punto noi viviamo solo per fornire cibo a loro. Ci spingono a emettere vibrazioni sempre più basse e in numero sempre maggiore, perché tali vibrazioni per loro sono di importanza vitale.
Non stiamo ancora parlando di casi di completa possessione da parte di entità dei piani più sottili - sebbene anche questo sia un fenomeno frequente - ma della situazione in cui ognuno di noi, chi più chi meno, agisce quotidianamente: siamo circondati da schiere di diavoli che ci spingono alla guerra, all'odio, allo sfruttamento del prossimo.
Vorremmo a questo punto far notare che noi non siamo vittime inermi, ma corresponsabili del fatto che essi ci usano come amplificatori di emozioni basse sulla Terra, e lo siamo nella misura in cui diveniamo consapevoli di poterci liberare ma non lo facciamo. In questo particolare periodo storico di risveglio per la Terra e per l'umanità tali entità si organizzano continuamente a livello planetario per impedire con qualsiasi mezzo che gli uomini aprano il proprio Cuore e che smettano così di produrre cibo per loro.
Noi tutti i giorni possiamo scegliere di lavorare consapevolmente su noi stessi, e quindi produrre energia per l'evoluzione della Terra e del Sistema Solare, oppure possiamo scegliere di vivere nella normalità, continuando a fornire energia a queste infime entità. Esattamente come ogni altro essere vivente occupiamo una precisa posizione nella catena evolutiva dell'universo: mangiamo e siamo mangiati. Volenti o nolenti l'energia che produciamo alimenta comunque delle forze superiori a noi che di tale energia si cibano e che grazie a essa crescono. Noi possiamo però decidere la qualità dell'energia prodotta, la quale andrà così ad alimentare certe forze piuttosto che altre, angeli piuttosto che diavoli. (Per saperne di più su queste entità e su come operano rimando all'esauriente articolo "Vendere l'anima al diavolo").
f) Trasformando le emozioni negative da esse si ricavano le emozioni del Cuore, le emozioni superiori. La trasmutazione delle emozioni negative in emozioni superiori è un raffinato processo alchemico. La vera al-kimiya è il lavoro che l'uomo compie su di sé per costruire il corpo dell'anima trasmutando le emozioni provate dalla macchina da negative in superiori. Per farlo deve essere presente, deve ricordarsi di sé, durante l'espressione delle emozioni negative. Ribadiamo che il nostro nuovo corpo deve essere interamente costruito con le emozioni superiori. Ciò consente di percepire il mondo emozionalmente anziché mentalmente, attraverso le emozioni superiori anziché i vecchi schemi di pensiero e le emozioni negative.
La maggior parte di noi prova già delle emozioni superiori. Ogni volta che perdoniamo, ci commuoviamo, proviamo amore disinteressato, o compassione (non pietà) siamo nelle emozioni superiori, e questo può accadere perché in realtà il corpo della nostra anima è in una certa misura già sviluppato (in qualcuno molto, in qualcuno quasi per nulla), ma senza un preciso lavoro su di sé questi rimarranno eventi sporadici e fuori dal nostro controllo. Noi vogliamo poter provare gioia quando lo vogliamo, indipendentemente dal mondo esterno, utilizzando le potenzialità del « corpo di gloria » e del suo organo di espressione: il Cuore.
Testi sull'argomento:
OFFICINA ALKEMICA - l'Alchimia come via per la felicità incondizionata
Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni (2006)
RISVEGLIO
Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni, Torino (2007)
IL POTERE DI ADESSO
Eckhart Tolle, Armenia, Milano 2004 (1997)
IL POTERE DELLA KABBALAH
Yehuda Berg, Tea, Milano 2005 (2004)
L'APERTURA DEL CAMMINO
Isha Schwaller de Lubicz, Edizioni Riza, Milano 1999 (1985)
LA MACCHINA BIOLOGICA UMANA
E. J. Gold, Edizioni Crisalide, Spigno Saturnia (LT) 1999 (1991)
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IMMAGINAZIONE NEGATIVA
Ogni secondo di « ricordo di sé » penetra l'"immaginazione" e apre una breccia nell'eternità.
Robert E. Burton
Abbiamo constatato quanto sia pericoloso giustificare e alimentare le emozioni negative, ma abbiamo altresì constatato che esse sono la base di partenza per la nostra futura gioia e per la fabbricazione dei "corpi sottili". Adesso possiamo decidere di lavorare con la "materia emozionale", però, dal momento che una grande percentuale di emozioni negative origina dall'immaginazione negativa si dovrà compiere un parallelo e attento lavoro anche su quest'ultima. Per amor di precisione apriamo quindi una parentesi dove illustriamo la differenza fra immaginazione negativa e « visualizzazione ».
Immaginazione negativa. Rientra sotto questa dicitura ogni genere di immaginazione o "dialogo interno" che avviene nella nostra macchina biologica e non è da noi né voluto né controllato. La sua pericolosità sta in due caratteristiche:
a) da essa trae origine la maggior parte delle emozioni negative che proviamo durante la giornata;
b) essa è in grado di far riaffiorare e poi alimentare un'emozione negativa anche a distanza di ore, giorni o mesi dall'evento che ha causato tale emozione.
Facciamo qualche esempio del primo genere: alla vigilia di un esame o di un colloquio di lavoro la nostra mente comincia a costruire situazioni immaginarie che incrementano la tensione e la paura. Alla vigilia di un incontro con un parente per il quale non proviamo alcuna simpatia la nostra mente costruisce dialoghi immaginari in cui si arriva agli insulti o alle percosse. Mentre il nostro partner è in vacanza con amici la nostra mente immagina senza freno situazioni di tradimento oppure disgrazie come incidenti o malattie. L'ipocondria è immaginazione negativa. Ogni pensiero ossessivo origina dall'immaginazione negativa. Tutte queste immaginazioni fanno fremere la nostra macchina a livello emotivo come se stessimo vivendo le situazioni immaginate.
Facciamo ora qualche esempio del secondo genere di immaginazione negativa: dopo un incidente stradale nel quale ci siamo infuriati con l'altro automobilista andiamo a casa e trascorriamo ore a pensare a cosa gli avremmo detto o a cosa gli avremmo fatto, riprovando così la stessa emozione di rabbia e frustrazione. Ripensando a una situazione spaventosa riproviamo ripetutamente la stessa paura e ripensando al partner che ci ha lasciato riproviamo per mesi la stessa nostalgia per i momenti belli passati insieme. Ripensando a quel politico o a quell'evento sociale inaudito costruiamo mentalmente situazioni in cui noi litighiamo con quel politico o interveniamo con violenza per risolvere una situazione; allora la nostra macchina vibra di fastidio o rabbia.
Le emozioni negative scaturite dall'immaginazione negativa producono sull'ambiente tutti gli effetti descritti nel capitolo sulle emozioni negative. Il fatto che tutto avvenga nella nostra mente non fa alcuna differenza, in quanto la macchina quando pensa emette le sue basse vibrazioni e i suoi pensieri-spazzatura nello spazio.
A ben guardare fanno parte dell'immaginazione negativa pure tutti quei "dialoghi interni" e quelle scene da film che la nostra mente immagina e che non producono emozioni negative, ma ci fanno invece provare piacere o gratificazione personale. Nei nostri sogni a occhi aperti immaginiamo di vincere alla lotteria, di avere un incontro amoroso con un famoso attore, di avere successo sul lavoro, di fare un bel discorso con gli amici, di essere gli eroi o i Maestri in mille situazioni.
Anche tutti i 'sogni a occhi aperti' riguardanti il nostro partner, di cui siamo follemente innamorati, rientrano nell'immaginazine negativa, e un giorno, quando ci abbandonerà, invece che dai sogni saremo ossessionati da scene di gelosia, violenza, vendetta e disperazione.
Inizialmente i 'sogni a occhi aperti' non causano rabbia o paura, tuttavia possono causare emozioni di gratificazione, euforia, senso di esaltazione personale che appartengono sempre al mondo della macchina e che, in quanto tali, sono anch'esse frutto di una visione alterata della realtà. Con il loro manifestarsi rendono tale visione sempre più allucinata, inoltre, prima o poi, richiameranno inevitabilmente - per effetto della Legge di Compensazione - una dose corrispondente di emozioni negative (vedi l'euforia dovuta all'innamoramento e le corrispondenti rabbia e depressione dovute all'abbandono).
Resta il fatto che quando cominciamo a contrastare l'immaginazone negativa, all'inizio ci conviene concentrare la nostra attenzione su quei pensieri direttamente collegati a emozioni negative (lamentela, rabbia, giudizio, ansia, tensione, ecc), perché più dannosi dal punto di vista dello spreco di energia e più facilmente distinguibili nella miriade di oziosi pensieri quotidiani.
Visualizzazione. Accenniamo alla visualizzazione perché tale concetto viene talvolta confuso con quello di immaginazione negativa e si pensa che eliminare quest'ultima significhi togliere all'uomo anche la sua facoltà di sognare e di creare.
Niente paura, queste magnifiche facoltà umane permangono e fanno appunto parte della visualizzazione. Questa è l'indispensabile capacità di immaginare e costruire col pensiero in maniera voluta e cosciente. Immaginare cosa si dirà prima di un incontro importante è molto utile se lo si fa in maniera controllata, cioè senza ripetere le stesse scene ossessivamente per decine di volte e, soprattutto, senza scivolare nella tensione e nell'ansia (emozioni negative).
Anche ricostruire la scena di un incidente o il filo dei discorsi che si sono fatti in una certa occasione è molto utile ed è anche un buon esercizio di addestramento della mente, ma anche qui è indispensabile non farlo con il fine di replicare le stesse basse emozioni - il che rientrerebbe nell'immaginazione negativa.
Inoltre la visualizzazione è un elemento importante della creatività: gli artisti creano i mondi che poi rappresentantano nelle loro opere immaginandoli, ma ciò è ben diverso dal sognare a occhi aperti di vincere alla lotteria o di diventare un messia che salva l'umanità.
Ricordo di sé. Durante la giornata, ogni volta che ce ne ricordiamo, dobbiamo chiederci cosa stiamo pensando e perché. È sufficiente porsi una domanda: "Avevo il controllo di ciò che stavo pensando, oppure no?". Tutte le volte che non siamo stati noi a voler iniziare coscientemente un certo processo di immaginazione, ciò significa che esso è venuto da sé e ci sta usando, rubandoci preziosa energia. È pertanto meglio interromperlo iniziando un'attività che tenga occupata la mente e le impedisca di sprecare le nostre forze nel sogno a occhi aperti.
Come un giovane fiorente d'un tratto si accorgesse di tenere legata al collo la carogna di una serpe o una carogna di cane o una carogna umana e spaventato, raccapricciando e rabbrividendo, subito se la strappasse e la gettasse via.
(Majjhimonikáyo, XX)
Su tutto questo, nota: in primo luogo, che è necessario arrestare il pensiero o sentimento al suo apparire. Va come colto al volo, prima che prenda terra nella tua anima e vi si diffonda. Previeni. Soffoca in germe. Fatti agile, labile, pronto a distaccarti e a sottrarti.
Abraxa, Gruppo di Ur
Il modo migliore per gestire l'immaginazione negativa è il ricordo di sé. Nel momento in cui cominciamo a essere ossessionati da pensieri disturbanti - gelosia, ansia, paura o giudizio verso gli altri - dobbiamo portare l'attenzione su noi stessi, sul qui-e-ora. Non è importante l'oggetto della nostra immaginazione negativa, ma solo il fatto che in quel momento non ci stiamo ricordando di noi e siamo totalmente identificati con i meccanismi psicologici della personalità. A noi pare un argomento di importanza vitale, qualcosa di essenziale per la nostra vita, invece è solo frutto dell'illusione provocata dalla macchina biologica. Il ricordo di sé è vera vita, mentre l'identificazione con qualche problema della personalità è tempo perso... qualunque sia l'oggetto delle nostre preoccupazioni. Non c'è differenza fra i vari argomenti; l'unica differenza è fra "sonno" e ricordo di sé. La personalità è la nostra parte animale, ed essa avrà sempre un motivo per lamentarsi, per essere infelice o ansiosa. Ciò che deve morire avrà sempre paura di morire.
Talvolta l'identificazione con un problema può essere davvero pesante e le emozioni negative molto dolorose e durature. Solo nella misura in cui ci siamo esercitati nel ricordo di noi stessi durante i momenti più tranquilli della nostra vita, troveremo la forza per ricordarci di noi nel corso dei periodi difficili. Non si può sperare di svolgere qualche esercizio ogni tanto e poi saper affrontare con equilibrio una disgrazia. Si raccoglie solo ciò che si è seminato.
In ogni caso lo scopo non è scappare dalla sofferenza: il ricordo di sé non permette l'estinzione della sofferenza e dei pensieri ossessivi legati a questa sofferenza, bensì la loro osservazione e trasmutazione. Dobbiamo essere p r e s e n t i mentre la macchina si contorce dal dolore perché è stata abbandonata dal partner o ha perso il lavoro. Questa presenza - il ricordo di sé - è sufficiente perché a livello alchemico si verifichino dei processi di trasmutazione. Il fatto che riusciamo a restare presenti durante la sofferenza della macchina significa che già esiste in noi un « testimone » (il maggiordomo degli insegnamenti di Gurdjieff). Questo « testimone » opera profondamente e in silenzio la fabbricazione dei "corpi sottili". Dobbiamo rassegnarci al fatto che su questo pianeta si soffre - e talvolta si soffre anche molto - ma possiamo decidere se sfruttare tale sofferenza a nostro vantaggio oppure continuare a subirla passivamente.
Testi sull'argomento:
OFFICINA ALKEMICA - l'Alchimia come via per la felicità incondizionata
Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni (2006)
RISVEGLIO
Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni, Torino (2007)
IL POTERE DI ADESSO
Eckhart Tolle, Armenia, Milano 2004 (1997)
IL POTERE DELLA KABBALAH
Yehuda Berg, Tea, Milano 2005 (2004)
L'APERTURA DEL CAMMINO
Isha Schwaller de Lubicz, Edizioni Riza, Milano 1999 (1985)
LA MACCHINA BIOLOGICA UMANA
E. J. Gold, Edizioni Crisalide, Spigno Saturnia (LT) 1999 (1991)
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LAVORO SULLE EMOZIONI NEGATIVE - parte I
Voi non potete giungere a fine senza illuminazione, senza pazienza e senza il coraggio di aspettare; poiché senza pazienza non si entra in quest'Arte. Che cosa non dovreste fare, e quale pena non darvi, pur di giungere a questa Scienza così alta, di profitto così grande? Quando voi piantate e seminate, non attendete, per il frutto, sino al tempo della maturazione? Come vorreste dunque avere il frutto di quest'Arte in breve tempo?
Turba Philosophorum
Tutto ciò che è stato detto finora su immaginazione negativa ed emozioni negative è servito a introdurre un « ambiente mentale » indispensabile affinché possa iniziare la loro trasmutazione. Parallelamente agli sforzi sul ricordo di sé, l'operatore alchemico dovrà infatti portare avanti un lavoro di trasmutazione delle sue emozioni negative.
Cominciamo col ripetere che nella nostra officina alchemica vogliamo fabbricare un veicolo per l'anima, il che si accompagna allo spostamento del centro di consapevolezza dell'individuo dalla mente al Cuore (il Centro Emozionale Superiore, secondo G.I. Gurdjieff). La mente è l'organo attraverso cui percepisce la macchina, mentre il Cuore è l'organo del « corpo di gloria » attraverso cui percepisce l'anima. Per fare ciò sfruttiamo il ricordo di sé e le preziose materie prime a nostra disposizione: le emozioni negative della macchina. Rabbia, invidia, gelosia, senso di sconforto, senso di inadeguatezza, paura, ansia, stress... sono il materiale su cui possiamo lavorare per fabbricare i nuovi corpi. In ciò sta il senso di tutta l'Alchimia. Ma per poterlo fare dobbiamo ricordarci di noi.
Prima fase. A questo stadio non è ancora possibile lavorare all'interno dell'emozione negativa, perché di norma è troppo difficile ricordarsi di sé nel bel mezzo di un'arrabbiatura o di una fase depressiva. Lo scopo è lavorare non appena ci si ricorda di farlo, non appena ci si disidentifica un pò dalla situazione di sofferenza, il che può avvenire a qualche minuto o a qualche ora dall'apice dell'emozione negativa; meglio se avviene quando la macchina sta ancora fremendo a causa della frustrazione, dello stress o della rabbia da poco provate.
Appena ci si ricorda, ci si deve sforzare con tutta la Volontà di sostituire l'immaginazione negativa e l'emozione negativa - che viaggiano sempre in coppia - con pensieri che rappresentano una nuova visione di quanto sta accadendo. Le azioni da compiere sono queste:
a) -- ricordarsi di sé, ossia ricordarsi di essere « presenti » qui-e-ora;
b) -- cercare di non farsi coinvolgere nei pensieri sfrenati della mente (immaginazione negativa), collegati all'emozione negativa che stiamo provando. Disidentificarsi dai pensieri significa guardarli come se fossimo spettatori esterni dell'attività frenetica di una macchina di cui noi siamo solo ospiti;
c) -- assumere un nuovo atteggiamento mentale. Adesso spieghiamo come.
Tutte le volte che non siamo in uno stato di Gioia, che non siamo innamorati del mondo e soffriamo per una qualche ragione, il motivo è che non riusciamo a vedere quanto sta accadendo intorno a noi. Lamentiamoci, arrabbiamoci, deprimiamoci, proviamo la nostra paura o lo sconforto, gridiamo il nostro fastidio, facciamo insomma tutto quanto siamo soliti fare, ma una volta tornati in noi, anche se accade dopo qualche ora, ci sediamo e pensiamo: "Quello che mi è successo - la mia sofferenza - non è dovuto a qualcosa che non va bene nel mondo esterno, ma al fatto che io non riesco ancora a vedere il mondo come veramente è" e poi affermiamo con forza: "Ne ho abbastanza di questa allucinazione, IO VOGLIO VEDERE IL MONDO COME VERAMENTE È".
Ribadiamo per maggiore chiarezza: non appena ce ne ricordiamo, il prima possibile, ci fermiamo un attimo e assumiamo un atteggiamento che lentamente cambierà la nostra vita: "Se non sono nella Gioia è perché sto vedendo brutto, sbagliato, qualcosa che invece è bello" "VOGLIO VEDERE QUESTA BELLEZZA". Se abbiamo la forza di volontà di pensare queste cose, anche se non siamo ancora del tutto convinti della loro veridicità, anche se siamo ancora scettici, stiamo comunque operando una radicale trasformazione in noi.
Quando abbiamo un motivo di preoccupazione, un'angoscia, un'ansia, un fastidio, quello è il momento per ricordarsi che non stiamo percependo la realtà autentica. È ovvio che non possiamo esserne certi; all'inizio sarà solo una frase priva di senso, potrà apparirci come un'affermazione moralistica che stride con quanto noi abbiamo di fronte in quel momento - e che ci appare del tutto sbagliato e ingiusto - ma non importa, ciò che importa è che ogni volta
a) -- ci ricordiamo di noi;
b) -- non ci identifichiamo con i pensieri della nostra macchina;
c) -- ci ripetiamo che la sofferenza deriva da una nostra visione falsata della realtà.
Dobbiamo almeno darci la possibilità remota che possa essere così; la possibilità che, forse, quando vediamo l'errore in noi o fuori di noi non stiamo guardando correttamente: gli altri non ci stanno facendo del male e non ce l'hanno con noi. È sufficiente darsi la possibilità, lasciare uno spiraglio aperto e non lasciarsi sopraffare interamente dal 'senso dello sbagliato e dell'ingiusto'. Questo atteggiamento si chiama FEDE.
All'inizio sembra non accadere niente: noi ci arrabbiamo, poi più tardi ci ricordiamo che "l'altro è perfetto ma io non riesco a vederlo", ma nonostante questo la volta successiva ci infuriamo con lui esattamente come prima, e continuiamo a vedere l'esistenza piena di ingiustizie esattamente come prima.
Infuriarsi, angosciarsi o provare ansia è giusto; in questa prima fase non dobbiamo smettere, né rammaricarci perché non riusciamo a smettere. Il lavoro consiste proprio nell'assumere appena ci è possibile il giusto atteggiamento mentale, non nello smettere di essere infuriati. Smettere di provare l'emozione negativa in questa fase non è utile, è invece utile diventare presenti, osservare bene cosa ci accade e ricordare di mutare il nostro modo di rapportarci agli eventi. È un lavoro molto sottile, dove non ci si pongono obbiettivi, ma qualcosa accade... lentamente e in silenzio.
Una volta che abbiamo analizzato in maniera razionale l'evento che ci è accaduto (un incidente stradale, l'abbandono da parte del partner, un'ingiustizia sul lavoro, ecc.) - abbiamo cioè ricavato gli elementi di utilità pratica e abbiamo pianificato il da farsi per il futuro - ogni immaginazione negativa riguardante quell'evento va sistematicamente contrastata, perché non è utile a comprendere meglio l'accaduto ed è dannosa in quanto causa di ulteriori emozioni negative. L'esperienza insegna che rimuginare per ore o giorni su quanto successo riproduce all'infinito lo stato d'animo negativo provato in precedenza e ne aggiunge di nuovi (senso di colpa, desiderio di vendetta, sconforto, ecc. ). Ricordiamo che il senso di colpa che si prova dopo un'emozione negativa è altrettanto dannoso che l'emozione stessa, quindi anch'esso va immediatamente contrastato.
Lavorare nei momenti che seguono la fase acuta di un'emozione negativa significa innanzitutto comprendere appieno l'origine e la dannosità di tale fenomeno per noi e per gli altri. In quei momenti è molto utile ricordarsi che: "La mia mente sta dando un'interpretazione scontata e fasulla di quello che è realmente successo, ed è questa interpretazione a farmi stare male, non ciò che è successo" "La mia mente non è sotto il mio controllo e oltre a farmi stare inutilmente male per delle ore, sta riempiendo di escrementi l'atmosfera terrestre" "Se voglio compiere un'opera di trasformazione su me stesso devo imparare a vedere la realtà con il Cuore, perché fino a quando è la macchina a decidere cosa devo vedere, io sarò un suo schiavo" "VOGLIO VEDERE LA REALTA'".
Il modo migliore per sbarazzarsi dell'immaginazione negativa è pensare di buttarla via lontano da noi come se avessimo sorpreso un pipistrello che ci succhia il sangue dal collo e lo strappassimo via con violenza. Perché questo è quello che si sta verificando nella realtà! Poi è importante tenere la mente occupata in altre attività: leggere, andare al cinema, guardare la televisione, fantasticare... tutto è meglio che riprodurre uno stato d'animo di rabbia, ansia, paura o senso di colpa.
Compiendo questo sforzo contro la meccanicità dell'immaginazione negativa stiamo lavorando a livello alchemico; il Fuoco sta compiendo la sua opera. La nostra volontà di percepire il mondo in maniera differente sviluppa attrito contro la volontà dei corpi di continuare a pensare come hanno sempre fatto: questo attrito è un Fuoco che agisce sulle sostanze presenti nella macchina biologica per creare delle nuove sostanze che vanno a costituire il corpo dell'anima.
Ovviamente i nostri primi tentativi di pensare in maniera diversa all'evento che ci è accaduto andranno continuamente a vuoto; sarà un continuo passare da pensieri come "Io voglio vedere la realtà, se la vedessi non starei male" a pensieri come "Sono maledettamente sfortunato, la vita è proprio uno schifo, le disgrazie capitano tutte a me, è inutile che mi prenda in giro con tutte queste filosofie consolatorie, se avessi fra le mani quel farabutto gli darei io una lezione". Questa alternanza non è qualcosa di negativo, è giusto che sia così; ricordiamo infatti ancora una volta che è lo sforzo ad alimentare il Fuoco, non il risultato. Non dobbiamo cadere nella trappola di pensare al lavoro su di sé inquadrandolo nei nostri vecchi schemi di pensiero, come se ci stessimo occupando dell'amministrazione di un'azienda o di un campionato di calcio. Qui non è un particolare risultato a produrre gli effetti migliori.
Un lavoro contro natura
Ipotizzare che stiamo trascorrendo la nostra vita tra fastidi, preoccupazioni e angosce solo perché non siamo capaci di vedere il mondo autentico sembra assurdo, e ci appare tanto più assurdo quanto più siamo presi nell'allucinazione e non riusciamo a concepire un'esistenza fuori dallo stato di allucinazione. In effetti il lavoro su di sé è assurdo, è forse ciò che di più assurdo può essere concepito: esso dice che il mondo è splendido in ogni suo aspetto, e che per vederlo dobbiamo cambiare l'organo con cui lo guardiamo. Esiste qualcosa di più folle di una simile considerazione?
È forse bene rammentare che il lavoro su di sé non costituisce per l'uomo un'attività naturale, ma un'accelerazione forzata. Noi stiamo accelerando l'evoluzione, siamo i pionieri del nuovo paradigma, violiamo un numero consistente di leggi terrestri a cui sottostà la macchina biologica: le leggi legate alla sopravvivenza. Gli atomi della macchina si ribellano a questo lavoro, perché vengono costretti a fare qualcosa di completamente innaturale per loro; non provare paura e sospetto è un comportamento innaturale per il nostro apparato psicofisico.
Quando ci si sforza di sentire che il mondo è Bello tutta la macchina resiste, si rifiuta, si difende, perché pensare una cosa del genere per lei è pericoloso, va contro la sua sopravvivenza. Il nostro apparato psicofisico sa che morirà, quindi è costruito in modo da diffidare di tutto e di tutti, è programmato per reagire con la paura e con l'aggressività; se questi meccanismi non avessero funzionato alla perfezione fino ad oggi, non saremmo sopravvissuti per milioni di anni su un pianeta del genere.
Adesso, compiendo un'azione INNATURALE per la nostra macchina, una parte di noi vuole imporre un nuovo modo di pensare fondato sull'amore, sulla collaborazione, sull'altruismo. Un parte della coscienza vuole convincere l'altra parte che il mondo non è una fonte di pericolo da cui difendersi, ma una fonte di Bellezza, e che gli altri, qualunque cosa facciano, non sono pericolosi, ma belli. Nel fare questo l'uomo sviluppa un NUOVO CORPO e NUOVI ORGANI DI SENSO che partono dal Cuore... e sfonda la porta della dimensione spirituale, la quarta dimensione.
Cristallizzare un nuovo corpo
"Sono arrabbiato solo perché non vedo la realtà. Sono cieco. Non mi è accaduto quello che credo io. La mia mente mi fa vedere degli episodi che in realtà non hanno il significato che lei crede" "IO INVECE VOGLIO VEDERE LA REALTA'". Questa può esser detta una « formula alchemica ». Cominciare a ragionare in questo modo dopo un'emozione negativa, non appena ci si ricorda di farlo, permette con il tempo di trasmutare proprio la sostanza di cui è composta l'emozione negativa in 'occhi per vedere il Bello'.
Spiegheremo meglio questa affermazione descrivendo cosa accade alchemicamente. Se, ad esempio, stiamo provando rabbia, ciò vuol dire che la nostra macchina è pervasa della sostanza della rabbia sia sul piano emotivo, che su quello mentale (qui si manifesterà come immaginazione negativa) che su quello fisico (qui si manifesterà con vari fenomeni a livello circolatorio e muscolare). Se noi cerchiamo di ostacolare tali manifestazioni imponendoci di essere « presenti », cioè ricordarci di noi, e sforzandoci di passare a una nuova visione della realtà, creiamo una certa dose di attrito, questo attrito è un Fuoco che agisce sulla sostanza prodotta dalla rabbia e fa in modo che si produca una nuova sostanza che si cristallizza nel nuovo corpo in costruzione.
Nel nuovo corpo questa non sarà più rabbia, bensì una specifica emozione superiore che è risultata dalla trasmutazione della nostra rabbia. Così come la personalità provava rancore quando si sentiva vittima di un'ingiustizia, allo stesso modo ora l'anima prova una nuova emozione superiore - qualcosa di gioioso e compassionevole - di fronte alla stesso atto, in quanto i suoi « nuovi sensi » sono in grado di cogliere il Vero e non interpretano più come ingiusto quell'atto.
In altre parole, per ogni manifestazione negativa che viene osservata coscientemente e, quando possibile, contrastata, si costruisce una sorta di « senso sottile » appartenente al corpo dell'anima, che l'anima utilizza come 'occhio' per percepire nuovi aspetti di bellezza nel mondo e per provare una corrispondente emozione superiore.
La trasmutazione è dunque operata da un cambiamento radicale della prospettiva da cui si osserva la realtà. Il punto di vista del Cuore ha bisogno di essere nutrito con questi nuovi pensieri. La mente ha bisogno di essere polarizzata verso i nuovi principi appartenenti alla visione del Cuore. Il processo è lungo perché si tratta di convertire - questa è l'autentica « conversione religiosa » - gli schemi meccanici, che sono incisi negli atomi stessi della macchina, in « nervi sottili » del Cuore; e all'inizio l'unico strumento che abbiamo per farlo è la mente.
Si sarà notato a questo punto che il lavoro di risveglio non è un lavoro psicologico, morale o spirituale, bensì un lavoro squisitamente fisico, che si produce attraverso la creazione di sostanze che sono fisiche e di corpi che sono fisici - sebbene appartenenti a una fisicità meno grossolana di quella cui siamo abituati.
Se non trascuriamo mai di agire in questo modo in coincidenza delle emozioni negative, cioè se non le giustifichiamo mai e non le lasciamo passare inosservate, vedremo diminuire progressivamente il lasso di tempo che trascorre da quando accade l'evento emotivo a quando ritorniamo in noi e iniziamo a pensare in questo nuovo modo. Il nuovo modo di intendere la realtà che provoca la nostra trasformazione.
In virtù di tale lavoro di avvicinamento all'apice dell'emozione, a un certo punto saremo in grado di agire direttamente sull'emozione sforzandoci di non manifestarla all'esterno, e creando così un attrito ancora maggiore. Ma ciò fa parte della fase successiva.
Altri esempi di nuovi schemi di pensiero: "Se non sopporto una persona o una situazione quella persona e quella situazione non c'entrano. Non li sopporto perché vivo in un'allucinazione dove non vedo cosa accade e proietto all'esterno dei fastidi che fanno parte della mia macchina" "Se qualcuno o qualcosa mi dà fastidio è perché io proietto su di lui un meccanismo che appartiene in realtà al mio apparato psicofisico; il fastidio è un difetto della lente attraverso cui percepisco il mondo".
"Il brutto e lo sbagliato fanno parte di un mio difetto di percezione. La verità mi può essere comunicata solo dalla visione del Cuore".
"Se mi sembra che quella persona stia facendo qualcosa di sbagliato vuol dire che secondo me l'esistenza si è sbagliata nel crearla. Il mio dire che qualcuno sbaglia implica che secondo me certe persone sono degli 'errori della Vita', e io pretendo di decidere quali sono errori e quali no. Dimentico che niente è oggettivamente sbagliato, ma sono io a dividere in modo arbitrario fra giusto e sbagliato secondo i fastidi e le antipatie della mia macchina".
Costringere la mente a pensare in maniera corretta riguardo le emozioni negative crea un nuovo « ambiente mentale » polarizzato in direzione del Cuore. La personalità reagisce con emozioni negative a certi eventi perché pensa: "Lui sta sbagliando, potrebbe comportarsi in un altro modo ma non lo fa. Questa situazione non è giusta", oppure pensa: "Io non sono all'altezza. Farò una brutta figura e tutti rideranno di me. Non potrò mai fare questa cosa". Per correggere queste visioni alterate si devono introdurre nuovi pensieri: "Devo ammettere che io attualmente non ho gli strumenti di percezione adatti a vedere cosa accade intorno a me. Il fatto che qualcuno possa sbagliare, truffarmi, offendermi o ridere di me è il risultato di una mia allucinazione, derivante dal fatto che percepisco il mondo attraverso sensi non ancora convertiti".
Spesso iniziamo a pensare a disgrazie che possono capitare ai figli o al partner, o al pianeta intero, quindi ci sentiamo ansiosi, frustrati o impotenti. Le immagininazioni che alimentano la paura di essere traditi sono altrettanto dannose. Ogni volta che ci sorprendiamo in una immaginazione negativa questa va scrollata di dosso con decisione e buttata dove le spetta: nel cesso.
Ad esempio in questo periodo la frustrazione e il senso di impotenza per quanto accade nel mondo sono forme di sofferenza molto diffuse. Esse sono completamente inutili e dannose: se possiamo fare qualcosa per gli altri o per il pianeta smettiamo di piangere e iniziamo a farlo oggi stesso; se invece la nostra posizione non ci consente di fare qualcosa per il pianeta smettiamo di piangere e facciamo qualcosa per chi ci circonda.
La sofferenza non è nostra, e questo vale per ogni genere di sofferenza, è sempre qualcosa che si trova nell'atmosfera e che la nostra macchina assorbe fornendole nuova energia e rispedendola nell'ambiente più forte di prima. Non è scritto da nessuna parte che dobbiamo soffrire quando ci accade qualcosa. Si buttano via i pensieri inutili e si agisce; non si piange.
Mirare al sovranaturale
L'essere umano che nel momento in cui prova un'emozione negativa non si abbandona totalmente ad essa, ma lotta per restare sveglio e presente, comincia a vincere le forze della natura di cui è stato fino a quel momento inconsapevole schiavo.
Non perdersi completamente nell'emozione a una prima impressione potrebbe apparire come qualcosa di innaturale e limitante per la libertà dell'essere umano. In realtà non si tratta di una pratica innaturale, bensì sovranaturale, e chi vi si dedica lo fa perché è già divenuto consapevole che la libertà per l'uomo che brancola nel sonno della coscienza non è mai possibile.
Continuare a sottostare a ciò che è naturale non può che trattenere l'uomo nell'ambito della mediocrità. Compiere il sovranaturale lo eleva altresì a « Uomo Nuovo », con i poteri che gli competono e la capacità di portare un reale aiuto all'umanità nei piani più sottili della realtà.
L'animale è totalmente succube delle leggi di natura, ma l'essere umano può, almeno in parte, svincolarsi da esse. In fondo questo tentativo è stato il motore dell'intera storia evolutiva della nostra civiltà. Scienza, arte, tecnologia, medicina sono il frutto degli sforzi dell'uomo indirizzati a controllare una natura inesorabile. Ora è giunto il momento di imprimere una decisa accelerazione a questo naturale processo evolutivo.
Testi sull'argomento:
OFFICINA ALKEMICA - l'Alchimia come via per la felicità incondizionata
Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni (2006)
RISVEGLIO
Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni, Torino (2007)
IL POTERE DI ADESSO
Eckhart Tolle, Armenia, Milano 2004 (1997)
IL POTERE DELLA KABBALAH
Yehuda Berg, Tea, Milano 2005 (2004)
L'APERTURA DEL CAMMINO
Isha Schwaller de Lubicz, Edizioni Riza, Milano 1999 (1985)
LA MACCHINA BIOLOGICA UMANA
E. J. Gold, Edizioni Crisalide, Spigno Saturnia (LT) 1999 (1991)
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LAVORO SULLE EMOZIONI NEGATIVE - parte II

[43]Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; [44]ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, [45]perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. [46]Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? [47]E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? [48]Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.
Mt 5,43-48
Gestione delle emozioni negative
Fino a ora siamo intervenuti nei momenti della giornata seguenti o precedenti le emozioni negative, avvicinandoci sempre di più a esse, ma adesso si tratta di prendere di petto queste espressioni e cercare di non manifestarle all'esterno. Non si tratta di non provarle, per ora non provarle non è possibile; non siamo nemmeno in grado di cogliere l'attimo in cui l'emozione negativa nasce, quindi cercare di non provarla per ora è fantascienza.
D'altronde se non provassimo emozioni negative, come potremmo usarle per creare sostanze nuove? Trasmutare è il nostro scopo, non rifiutare o eliminare. Senza le emozioni negative verrebbe a mancare l'indispensabile materiale per la nostra evoluzione, i metalli da cui far scaturire l'Oro. L'alchimista che vuole trasmutare il piombo in oro, non prova certo odio o rifiuto verso il piombo, tutt'altro, per lui è prezioso alla pari dell'oro stesso, in quanto sa che esso contiene in potenza il metallo più nobile. La circostanza che si trovino in noi delle emozioni negative su cui poter lavorare è pertanto una benedizione!
Possiamo però sforzarci (e ci accorgeremo presto di quanto non sia facile) di non far uscire all'esterno l'emozione negativa - pur continuando a considerarla un aspetto prezioso di noi e non un lato oscuro da schiacciare. Si tratta di tenerla dentro e osservarla, anziché darle libero sfogo urlando in faccia a qualcuno la nostra rabbia. Si tratta di tenerla dentro e osservarla, anziché darle libero sfogo pronunciando frasi o compiendo altre azioni che siano dettate dall'emozione negativa che stiamo provando.
Questo è il senso del detto occulto "cavalcare la Tigre". E' indispensabile osservarsi attentamente per cercare di capire in quali momenti stiamo parlando o agendo guidati dalla manifestazione di tali emozioni. Quante frasi diciamo per rabbia, per invidia, per vendetta, per gelosia, per paura di essere abbandonati, per paura di fare una brutta figura? Non manifestare l'emozione negativa significa non parlare o agire come conseguenza di emozioni negative che non riusciamo a tenere dentro.
Non manifestarla significa cominciare a  p o s s e d e r l a, a farla propria anziché continuare a subirla. L'emozione negativa non è nostra e la sua manifestazione non è voluta da noi. Essa è un'entità esterna a noi che ci possiede sfruttando la nostra attitudine a risuonare con lei. Se per questioni karmiche dentro di noi esiste già una certa predisposizione alla rabbia allora il « demone della rabbia » può entrare in risonanza con noi e prenderci, usarci per scaricarsi sul piano materiale.
Allora al fine di liberarci è imperativo che noi interveniamo coscientemente e decidiamo con tutta la volontà di cui siamo capaci di essere noi a possedere lui. In questo modo acquisiremo il potere di controllo su quel « demone », cioè su quella particolare « forza della natura », e ciò ci metterà a disposizione nuovi poteri occulti utilizzabili per modificare magicamente la realtà.
Per non manifestare le emozioni negative è necessaria una buona capacità di essere presenti e svegli durante tutto l'arco della giornata; si tratta di collegare il ricordo di sé a queste emozioni. Risulta infatti ovvio che per non manifestarle dobbiamo innanzitutto ricordarci di farlo. Se tutto nella nostra vita scorre senza attenzione, inosservato, allora non trasmuteremo mai le nostre emozioni, bensì le rafforzeremo nello stato in cui si trovano. Dobbiamo sforzarci di ricordarci di noi non appena ci accorgiamo di essere preda di un'emozione negativa e fermarne immediatamente la manifestazione esteriore.
Per molto tempo ancora non riusciremo a coglierla all'inizio, ma non è questo lo scopo della presente fase del lavoro; per adesso lo scopo è sorprendersi nel bel mezzo della gelosia, della rabbia o del desiderio di vendetta. Allora ci si può sforzare di smettere con la manifestazione esteriore dell'emozione negativa e con i pensieri negativi a essa collegati.
L'emozione va fatta bruciare all'interno, nel « crogiuolo »! Il crogiuolo è il nostro Cuore in embrione, prima che si trasformi totalmente in Lapis Philosophorum, cioè in una « pietra magica » capace di trasmutare ogni bruttezza in Bellezza e ogni fastidio in Gioia. E' infatti possibile agire su un'emozione negativa solo se si crea il giusto « ambiente mentale » e, soprattutto, se la si porta nel Cuore, cioè se si comincia a osservarla con gli occhi dell'anima.
Lasciamo che il 'fuoco lento' crei il giusto attrito tra l'antico e il nuovo trasformando le vecchie sostanze nelle nuove che ci sono necessarie. Riportare alla mente il differente modo di pensare esposto nel precedente capitolo servirà a non giustificare l'emozione negativa e ci fornirà l'energia necessaria a interromperla. Unicamente in tali condizioni esiste la possibilità che finalmente il Cuore emerga; esso è al contempo causa ed effetto della trasmutazione. La macchina biologica è la nostra officina alchemica.
Si tenga presente che certi piccoli fastidi saremo subito in grado di non manifestarli all'esterno, già dall'inizio del nostro lavoro su noi stessi, mentre per quanto concerne le emozioni più pesanti la prima fase del lavoro perdurerà forse per anni. Procedendo per tentativi distingueremo presto fra ciò che siamo già in grado di gestire in una certa misura, ciò su cui possiamo lavorare 'a distanza' appena ce ne ricordiamo (prima fase del lavoro) e ciò che per ora è meglio lasciar perdere perché fuori dalla nostra portata.
In ogni caso lavorare con impegno sulle piccole cose ci fornirà l'energia giusta per lavorare in seguito anche sulle manifestazioni più profonde e radicate. Il nostro obiettivo è accumulare energia evitando inutili dispersioni. Molte emozioni negative possono essere semplicemente eliminate come insetti fastidiosi, altre invece saranno usate quali sostanze per la trasmutazione in emozioni superiori.
Giustificazioni
Una giustificazione molto usata riguardo le emozioni negative è: "Reprimere le emozioni è dannoso, causa squilibri, e prima o poi queste esplodono tutte insieme."
Chiariamo subito cosa è la repressione. La repressione avviene in due casi principali:
1) quando noi vorremmo esprimere un'emozione ma non possiamo perché l'ambiente sociale ci impedisce di farlo liberamente;
2) quando noi non riusciamo a esprimere le nostre emozioni perché non siamo capaci di farlo, siamo così condizionati dalla paura interiore che le emozioni faticano a sgorgare da noi.
In entrambi questi casi la non-manifestazione delle emozioni è INVOLONTARIA: si vorrebbero esprimere delle emozioni, ma non si può, e a volte non si confessa nemmeno a sé stessi questa impossibilità. Noi però stiamo parlando di tutt'altro. Qui si tratta di un lavoro COSCIENTE: noi operiamo con le emozioni negative all'interno di un contesto di lavoro su di sé, dopo aver compreso la natura delle emozioni negative e la loro grande utilità per il nostro risveglio. Per tale motivo è essenziale creare dentro di noi un « ambiente mentale » dove tali manifestazioni non vengono più giustificate e ricercate: "Ho capito che ne sono schiavo, che non sono io a decidere di provarle, che loro mi usano, quindi voglio assumerne il controllo e sfruttarle".
Un uomo può lavorare su di sé solo volontariamente, come conseguenza dell'essersi accorto che per lui è il modo migliore di affrontare la vita. Gli stessi comportamenti possono divenire dannosi quando risultano inconsapevoli o imposti dall'esterno.
Un'altra giustificazione che contribuisce a tener vive le emozioni negative è la convinzione diffusa che la loro causa sia esterna e non interna. Questo è forse l'ostacolo mentale più grosso da superare. Gli uomini sono convinti che le loro emozioni abbiano origine all'esterno e che cambiando la situazione esterna non proverebbero più quell'emozione negativa: "Mi sono arrabbiato perché lui mi ha insultato" "Sto male perché il mio partner mi ha tradito" "Sono depresso perché il mondo fa schifo e la mia vita fa schifo" "Quelle persone mi mettono in imbarazzo" "Sono infastidito da quella persona così materiale e ignorante" "Odio la prepotenza" "Odio la guerra".
L'emozione negativa non riguarda mai la presenza o l'assenza di una particolare condizione, altrimenti di fronte alla stessa condizione tutti avrebbero le stesse reazioni; essa riguarda invece la struttura della nostra macchina, i suoi condizionamenti. Tutte le volte che giudichiamo sbagliato o ingiusto qualcuno o qualcosa ci predisponiamo a un'emozione negativa. Se nei nostri vecchi e radicati schemi di pensiero ci sono molte idee di 'ingiusto' e di 'sbagliato' allora proveremo molte emozioni negative. La causa è nei nostri schemi, cioè nei nostri pregiudizi - i nostri giudizi preconfezionati su fatti e persone - non certo negli eventi, i quali sono di per sé stessi sempre neutrali.
Il nostro vecchio modo di vedere il mondo è l'unica causa della nostra sofferenza. Anche se riusciamo a mutare la situazione esterna, ma i nostri schemi mentali rimangono gli stessi, prima o poi ci creeremo intorno una situazione analoga dove proveremo sempre le medesime emozioni negative.
Se il nostro partner si innamora di un'altra persona si possono verificare due situazioni:
a) se la nostra macchina ha registrato in sé un pregiudizio riguardo il tradimento, riterremo sbagliato quell'evento e proveremo un'emozione negativa (rabbia, paura, desiderio di vendetta, ecc.);
b) se noi non siamo identificati con la macchina, bensì con il Cuore, proveremo le emozioni superiori che corrispondono, nel Cuore, a quelle che erano negative nella macchina. Ad es. proveremo gioia per il fatto che il partner si trova in una bella fase di innamoramento, invece di provare odio perché è innamorato di un'altra persona, e proveremo eccitazione per un futuro da single tutto da scoprire, invece che paura per essere rimasti soli.
Giustifichiamo con particolare forza la nostra emozione negativa quando a livello razionale siamo dalla parte della ragione. Immaginiamo di stare attraversando la strada sulle strisce pedonali e con il semaforo verde. Arriva un'auto pirata che passando con il semaforo rosso ci sfiora e ci fa cadere sul selciato; a un nostro accenno di protesta l'autista si ferma, grida che il semaforo era verde per lui, ci insulta e riparte.
Perché in questo caso l'emozione negativa che inevitabilmente proviamo è più forte del solito? Perché la giustifichiamo di più. Il fatto che la nostra percezione di giusto/sbagliato sia suffragata dal codice della strada, che è oggettivo, rende tale percezione più profonda, ma non per questo essa è meno fasulla.
La divisione giusto/sbagliato è fasulla, perché nella creazione non ci sono errori, non possono esistere persone oggettivamente sbagliate. Il concetto di errore è un parto della nostra mente e della sua visione alterata, non sintetica, non animica dell'universo. Vecchi e stupidi schemi di pensiero che ci fanno odiare chi non rispetta le regole o chi è aggressivo, ci costringono a trascorrere ore dentro emozioni negative che vanno dalla rabbia al senso di impotenza e dentro immaginazioni negative in cui pensiamo a cosa avremmo potuto fare a "quel criminale per dargli una lezione". 'Dare una lezione a qualcuno' è proprio una delle giustificazioni più utilizzate dalla mente: "Se qualcuno non gli dà una lezione e non gli fa capire che sbaglia, lui continuerà a sbagliare", e questo qualcuno che deve fargli capire che sbaglia siamo sempre noi!
L'educazione degli altri non ci deve interessare, almeno fino a quando non avremo trasmutato la nostra rabbia in un'emozione superiore, allora avremo la giusta lucidità e sapremo cosa fare per agire nel mondo. Il discernimento è una qualità che acquisiremo grazie al costante lavoro di espansione della coscienza.
Il fastidio verso chi è aggressivo o verso chi non rispetta le regole è qualcosa che riguarda esclusivamente noi, è una nostra caratteristica, uno schema attraverso cui guardiamo il mondo; il pirata della strada non c'entra niente con quello che noi proviamo, lui fa ciò che può fare in base agli schemi della sua personalità e muovendosi in linea con gli obiettivi del sua personale percorso evolutivo - che è differente dal nostro - e non deve certo chiedere il permesso a noi per agire.
Quando vediamo qualcosa di sbagliato e stiamo male per questo, non dobbiamo chiederci quale è la causa, esterna o interna che sia, di questa sensazione, ma solo concentrarci sul nostro stare male, sull'emozione negativa e agire su questa riportando alla mente un nuovo modo di pensare. Chi ha ragione e chi ha torto non ci deve interessare; cosa sia giusto e cosa sbagliato non ci riguarda. Noi non siamo giudici, stiamo compiendo un lavoro di trasformazione e solo questo deve occupare la nostra mente.
Mai cadere nelle giustificazioni scontate: "Questa è proprio un'ingiustizia, chiunque al mio posto si sarebbe arrabbiato". La giustificazione va nella direzione opposta al risveglio e non crea il giusto attrito utile a edificare un nuovo corpo. Teniamo sempre bene a mente il nostro scopo e non lasciamoci distrarre dagli eventi mondani.
Emozioni superiori
Lavorando su di sé in maniera onesta si giungerà prima o poi a cogliere l'emozione sul nascere e a sostituirla con un impeto d'amore. Allora quando sentiremo un insulto provenire da qualcuno, noi saremo svegli e presenti, pronti a spostare il nostro centro di consapevolezza nel Cuore per cogliere lo stimolo esterno attraverso i nostri nuovi sensi, provando così una nuova emozione superiore, qualcosa che appartiene alla sfera della Gioia e dell'amore invece che alla sfera della rabbia e dell'angoscia.
Questa è la trasmutazione del piombo in oro, la realizzazione della Grande Opera: un'emozione negativa viene colta all'origine e attraverso un atto di volontà/amore viene immediatamente trasmutata in perdono, compassione, commozione... Un Uomo Nuovo fa sentire i suoi primi vagiti. Il binario attraverso cui fino a oggi abbiamo colto qualcosa che credevamo sbagliato, diviene immediatamente canale di conoscenza del Cuore, il 'centro emotivo superiore', il nostro Lapis Philosophorum; l'emozione negativa in un istante si trasmuta in emozione superiore e a noi si spalanca la Bellezza nascosta in quello che prima interpretavamo falsamente come un insulto.
Abbiamo conosciuto attraverso il Cuore. L'amore ha prevalso sulla separatività. Per la prima volta abbiamo deciso con consapevolezza di conoscere attraverso l'amore invece che per mezzo della mente e ci si è dischiuso uno spicchio di realtà. Abbiamo il controllo sul « demone » di quell'emozione: egli è ora ai nostri ordini e noi non lo siamo più ai suoi. Nuovi poteri magici sono in nostro possesso.
Se vogliamo che ciò avvenga sempre più spesso dobbiamo assaporare con tutto il nostro essere questi momenti. Dobbiamo nutrirci di queste emozioni superiori. Fare in modo che rimangano registrate dentro di noi. In seguito sarà impossibile cercare di descriverle con la mente, ma i nostri atomi ricordano... e ricordano bene.
Il Cuore nulla ha da spartire con il sentimentalismo; esso è l’organo dell’intelligenza, facoltà esclusivamente spirituale, non mentale. Il Cuore è l'« intelletto d'amore », per usare un'espressione dantesca, e ci dà la conoscenza oltre l'illusione, ci consente di intuire e di creare. Il Cuore ci rende geni.
Le emozioni superiori non possono però venire affrontate come le altre fasi del processo alchemico. Mentre all'inizio l'aspirante, sia esso maschio o femmina, si getta nel lavoro in maniera irruente, pronto a qualsiasi sforzo, con l'intento di « cavalcare la Tigre », adesso è tempo di cambiare atteggiamento. Il maschile deve fondersi con il femminile a formare l'« androgino ».
L'emozione superiore non può essere provocata con lo sforzo e con il desiderio, essa può unicamente venire attesa in uno stato di raccoglimento interiore e accolta nel momento in cui giunge. L'apertura del Cuore implica uno stato passivo, negativo e ricettivo: il Regno dei Cieli non viene più penetrato, bensì accolto nel proprio « utero ».
Ciò non significa che il Mago debba rinunciare alle sue caratteristiche di guerriero - tutt'altro - ma solo che egli combatterà con un'irruenza maschile sostenuta da un'energia femminile entrostante. La sua lotta esteriore sarà una danza interiore.
Quanto detto non comporta alcuna differenza fra l'alchimista maschio e l'alchimista femmina, in quanto si sta trattando di energie e non di aspetto fisico.
Un Cuore aperto rappresenta una incredibile e preziosa forza, capace da sola di dare origine a una "nuova vita", quale è appunto il corpo dell'anima. Come si è già detto il Cuore è insieme causa ed effetto della trasmutazione. Le emozioni superiori sono la conseguenza della cristallizzazione del corpo dell'anima, ma allo stesso tempo ne sono la causa: ogni attimo di commozione, ogni esplosione di Gioia o impulso al perdono costruiscono il « corpo di gloria ».
Quando noi cominciamo a padroneggiare le energie interiori invece che essere i loro burattini, possiamo accumularle e poi indirizzarle coscientemente all'esterno. I « demoni » sono sotto i nostri piedi. L'insegnamento, la guarigione, l'attività artistica e la lotta contro le forze involutive presenti sui piani sottili sono le principali vie attraverso cui si possono veicolare tali energie. Allora evolviamo alla velocità della luce e acquisiamo poteri sovranaturali straordinari. Diveniamo cioè veri Maghi. L'uomo che riesce a vincere e ad acquistare potere sulla propria personalità (tradizionalmente simboleggiata dal Serpente o dal Drago) può vincere anche sulle leggi della natura: guarigione da ogni malattia, sospensione dell'invecchiamento, chiaroveggenza, telepatia, preveggenza, immortalità, capacità di viaggiare in astrale, trasmutazione dei metalli ecc.
In conclusione vorremmo rammentare ciò che è stato detto all'inizio del capitolo "Le emozioni negative", dove facevamo notare che la costruzione del corpo dell'anima e l'identificazione con il Sé si conseguono attraverso due vie:
1) trasmutando le emozioni negative, che ci sottraggono energia e fino a oggi hanno preso il posto delle emozioni superiori;
2) nutrendosi di emozioni superiori, cioè, in ultima analisi, di ogni sfumatura dell'amore.
Le vie vanno intraprese entrambe perché sono interdipendenti. Una non ha senso senza l'altra.
Il primo « fuoco » a disposizione dell'alchimista è quello del ricordo di sé, il quale permette di aprire con violenza una breccia nell'addormentamento umano e di creare il giusto attrito fra l'innata tendenza a dormire della macchina biologica e il desiderio di risveglio dell'anima. Il secondo « fuoco » è quello dell'amore: questo è il fuoco più potente, quello che brucia ogni scoria e permette la completa trasmutazione del piombo in oro.
La via delle emozioni superiori implica anche il nutrirsi di arte, ogni genere di arte che si ritiene sia in grado di elevare le nostre vibrazioni e di aiutare l'apertura del Cuore - fruire dell'arte ma anche produrre arte. Nutrirsi di emozioni superiori significa pure ricercarle nella vita quotidiana: nei gesti, nelle parole e negli sguardi degli altri. Tutti noi siamo già capaci di provare delle emozioni superiori, ma questi brevi istanti vengono spesso soffocati dalle emozioni negative e si confondono con esse (l'amore che diventa gelosia, la compassione che diventa pietà, la potenza che diventa orgoglio...), oppure passano inosservati e classificati come sporadici 'momenti di commozione'.
Incredibilmente molti si vergognano dei momenti di commozione oppure credono che perdonare qualcuno sia una manifestazione di debolezza anziché di estrema forza. Invece è indispendabile al lavoro alchemico abituarsi a vivere nel perdono e nella compassione mantenendole vive e coltivandole come preziosi gioielli. Un'emozione superiore è effetto dell'apertura del Cuore e causa di ulteriore apertura del Cuore. Una sola emozione superiore provata davanti a un quadro, a una melodia o alla malattia di qualcuno, vale quanto anni di faticoso lavoro su di sé.
Chi vuole accelerare il proprio progresso dovrebbe tener conto di ciò. Spesso infatti si impiegano tutte le proprie energie nel lavoro di trasmutazione delle emozioni negative condotto con impegno giorno dopo giorno, e poi ci si lascia sfuggire l'occasione di compiere in una volta sola una trasmutazione di proporzioni eccezionali semplicemente abbandonandosi alla commozione di fronte a un'opera d'arte o perdonando qualcuno che, a nostro parere, ci ha fatto un torto.
Le emozioni superiori non ci sono quindi sconosciute, ma nell'uomo comune sono sporadiche e affidate al caso. Il lavoro su di sé consente di provocarle coscientemente ogni qualvolta lo si vuole, fino al punto di poter guardare ogni cosa attraverso i loro occhi.
Le operazioni descritte in questa sezione del sito (osservazione di sé, gestione di immaginazione negativa ed emozioni negative, immersione nelle emozioni superiori) rappresentano la struttura portante dell'intera Opus Magna, dai primi passi fino all'Opera al Rosso. Ogni altra pratica è coadiuvante, ma non fondamentale, per l'ottenimento delle qualità dell'alchimista.

Testi sull'argomento:
OFFICINA ALKEMICA - l'Alchimia come via per la felicità incondizionata
Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni (2006)
RISVEGLIO
Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni, Torino (2007)
IL POTERE DI ADESSO
Eckhart Tolle, Armenia, Milano 2004 (1997)
IL POTERE DELLA KABBALAH
Yehuda Berg, Tea, Milano 2005 (2004)
L'APERTURA DEL CAMMINO
Isha Schwaller de Lubicz, Edizioni Riza, Milano 1999 (1985)
LA MACCHINA BIOLOGICA UMANA
E. J. Gold, Edizioni Crisalide, Spigno Saturnia (LT) 1999 (1991)
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La trasmutazione della sostanza emozionale
Poi l'Eterno Iddio disse: "Ecco l'uomo e' diventato come uno di noi, quanto a conoscenza del bene e del male. Ma ora, che egli non stenda la mano e prenda anche il frutto dell'Albero della Vita, e ne mangi e viva per sempre."
Così Egli scaccio' l'uomo, e pose a oriente del giardino d'Eden i cherubini, che vibravano da ogni parte una spada fiammeggiante, per custodire la via all'Albero della Vita.
Gen 3,22-24
Compiendo uno sforzo di concentrazione contro la meccanicità dell’immaginazione negativa e delle emozioni negative, stiamo lavorando a livello alchemico. La ferma Volontà del « testimone » di percepire il mondo in maniera differente sviluppa attrito contro la volontà dell’apparato psicofisico di continuare a pensare come ha sempre fatto. Questo attrito è un Fuoco che agisce sulle sostanze presenti nella macchina biologica, per crearne di nuove, che vanno a costruire il « corpo astrale » e il « corpo di gloria ».
Il termine Nigredo, o Opera al Nero, sta proprio a indicare l’annerimento, la « cottura » delle sostanze che compongono la natura animale. Grazie all’emergere di un « testimone » distaccato, gli aspetti più grossolani della macchina biologica non vengono più alimentati e vanno in putrefazione (termine alchemico).
Le vecchie sostanze vengono incenerite, e da queste ceneri nascono nuove materie. Le materie sottili che emergono da questo processo formano i corpi sottili, l’Uomo Nuovo.
L’anima non è un concetto astratto, ma qualcosa di fisico, sebbene di una fisicità molto sottile e per noi intangibile. Possiamo quindi parlare di « corpo dell'anima » come di un fenomeno perfettamente reale. Compiendo un lavoro alchemico, ci identifichiamo sempre di più con l’anima e allo stesso tempo stiamo costruendo il suo corpo sottile, il « corpo di gloria », quello attraverso cui percepiremo il mondo quando saremo entrati nello stato di coscienza del Regno dei Cieli.
Se, ad esempio, la nostra macchina biologica sta provando rabbia, ciò vuol dire che essa è pervasa dalla “sostanza” della rabbia, cioè da un aggregato di atomi con una certa struttura. Oltre che manifestarsi sul piano emotivo, questa sostanza agisce anche a livello mentale – dove prende la forma dell’immaginazione negativa – e a livello fisico – dove provoca varie alterazioni in ambito ormonale, circolatorio e muscolare.
Se noi cerchiamo di ostacolare tali manifestazioni della rabbia, osservandole in maniera distaccata e imponendoci un nuovo modo di ragionare, creiamo una certa dose di attrito; questo è un «fuoco» che agisce sulla sostanza della rabbia e fa in modo che si produca da essa una differente materia, che si cristallizza nell’anima. Il «fuoco» cuoce gli atomi della sostanza grossolana e modifica la loro struttura.
Questo mutamento strutturale dei nostri atomi è anche conosciuto come «redenzione della materia». Per il fatto di appartenere alla macchina biologica di individui che nel corso della loro vita stanno praticando un lavoro di trasformazione interiore, questi atomi vengono cambiati per sempre.
La «cottura» o l’incenerimento, a cui si fa riferimento nei testi alchemici riguarda proprio questo processo. Il presupposto teorico – verificabile sperimentalmente – è che le nostre emozioni non siano "enti astratti" privi di consistenza – come alcuni studiosi oltraggiosamente stupidi si ostinano a pensare – ma sostanze fisiche composte di atomi, la cui struttura può venire modificata coscientemente.
Questa "nuova materia" è molto più sottile e delicata di quella da cui ha avuto origine. Essa quindi si cristallizza – si fissa, per usare un termine alchemico – non nel nostro apparato psicofisico, dove si trovano la rabbia e le altre emozioni grossolane, bensì nel "corpo dell’anima". In questo corpo etereo e impalpabile, la nuova sostanza, risultante dalla rabbia, dà origine a un "senso dell’anima".
Così come l’apparato psicofisico, anche l’anima ha i suoi sensi, attraverso i quali percepisce il Regno dei Cieli invece che il mondo illusorio. Questi sensi sottili sono fabbricati con la sostanza ricavata dalle emozioni negative, quando vengono trasmutate in emozioni superiori.
Notiamo, a questo punto, che il lavoro di trasformazione interiore non è un lavoro psicologico, morale o spirituale, bensì un processo squisitamente fisico, che si produce attraverso la creazione di sostanze che sono fisiche e di corpi che sono fisici – anche se appartengono a una fisicità meno grossolana di quella che siamo abituati a misurare con i mezzi comuni.
Testi sull'argomento:
OFFICINA ALKEMICA - l'Alchimia come via per la felicità incondizionata
Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni (2006)
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L'apertura del Cuore
[34]Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. [35]Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri.
Gv 13,34-35
Il principale compimento del lavoro magico/alchemico consiste nell'apertura del Cuore. Questa esperienza è comunemente nota come « illuminazione » o « salvezza ».
E' bene sapere che TUTTI i nostri problemi derivano esclusivamente dall'aridità del nostro Cuore, cioè dalla mancata apertura di questo. Problemi di denaro o di salute, difficoltà a trovare il lavoro più adatto o il partner giusto, incapacità di farsi accettare e senso di inadeguatezza... nessuno di questi fenomeni ha la sua fonte all'esterno di noi: ogni difficoltà origina al nostro interno ed è sempre causata dalla durezza del Cuore, cioè dall'incapacità di vivere in uno stato di innamoramento.
Aprire il Cuore significa entrare in una dimensione di complicità rispetto al mondo. Le altre persone smettono di essere fonte di paura, sospetto, ansia... e divengono nostre complici. Fra noi e gli altri si stabilisce una sottile intesa, un senso di intima fiducia che è completamente indipendente da ciò che loro stanno pensando di noi.
La trasmutazione della paura in fiducia riguarda un cambiamento che avviene nel nostro Cuore e non ha nulla da spartire con il comportamento delle altre persone. Noi non conosciamo mai gli altri, non ne abbiamo facoltà; semplicemente ci costruiamo un'immagine mentale di loro e interagiamo con quella. Quando il Cuore si apre strappiamo questa immagine e ci lasciamo invadere dall'anima dell'altra persona, percepiamo direttamente la sua essenza senza più alcun filtro. Ecco che inevitabilmente scaturisce l'amore. Non possiamo più fare a meno di innamorarci del mondo e di ogni suo abitante.
Muoversi in ufficio, sull'autobus, al supermercato, in tangenziale... con il Cuore aperto, significa essere continuamente travolti dalla Bellezza delle persone e delle situazioni. Ci si sente protetti, al caldo, fra le braccia dell'esistenza... a casa propria. Quale magnifica sensazione camminare per strada sentendosi sempre a casa propria, perennemente circondati da sconosciuti amici! Quale benessere psicofisico può scaturire dal non dover temere nessuno, dalla certezza che niente di negativo può mai accaderci!
L'amore, la fiducia e la serenità interiore non nascono come conseguenza di azioni che qualcuno compie nell'ambiente intorno a noi. Nessuno deve fare o non fare qualcosa per consentire che noi ci sentiamo più innamorati o più al sicuro. Non è grazie al sorriso di qualcuno che diverremo più innamorati e non è aumentando i dispositivi di sicurezza nei luoghi pubblici che ci sentiremo più sicuri. Il nostro grado di fiducia, sicurezza e amore possiamo deciderlo noi... adesso, senza dover mutare alcuna condizione esterna.
Per fare ciò dobbiamo avere il coraggio di andare per il mondo con in Cuore aperto. Allora, e solo allora, vivremo in un mondo sicuro, pieno di armonia e pace... anche se gli altri continueranno a vedere la guerra e la sopraffazione. L'illusione di « maya » ci tiene prigioniero il Cuore e lo farà fino a quando non avremo sviluppato occhi per vedere.
Aprire il Cuore significa cominciare a galleggiare nell'amore... vibrare a un'altra velocità e spostarsi nel mondo senza mai uscire da quella calda vibrazione. Sentire ardere il Sacro Fuoco interiore lungo ogni momento della giornata. Un elevato livello di amore può dare vertigine e stordimento: non è sentimentalismo, ma qualcosa di tangibile e concreto che produce uno straordinario effetto sulla macchina biologica.
L'eccesso di amore può addirittura bruciare. L'amore rappresenta il principale e più potente fuoco dell'alchimista - ancor più del ricordo di sé - che permette di « trasmutare il veleno in farmaco », cioè ogni emozione negativa in emozione superiore. L'amore tenuto costantemente acceso conduce con certezza all'immortalità.
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il Fuoco

Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli.
Mt 5,13-16
E' innanzitutto indispensabile comprendere che l'uomo, al pari di ogni altra creatura, non esiste "a caso " e non è libero di fare ciò che vuole. L'intera vita di un uomo rappresenta una delle innumerevoli tessere dell'inconcepibile mosaico che è il Piano Divino. La completa realizzazione interiore dell'essere umano coincide unicamente con la sua capacità di comprendere e di adeguarsi a tale Piano. Egli può anche esprimere il suo libero arbitrio disinteressandosi alla missione che gli è propria, ma, al di fuori del Progetto del Grande Architetto, l'uomo diventa una scheggia impazzita destinata a vivere soffrendo... e condannata a morire.
Ogni individuo, nascendo, eredita un destino personale che è direttamente connesso alla sua storia passata: questa è la « croce » che gli spetta di portare. Egli deve migliorare il suo carattere e sviluppare emozioni superiori, incontrando persone e vivendo situazioni che gli permettono al contempo di esaurire il suo karma. Parte della vita di ogni uomo sarà quindi orientata a portare a compimento le conseguenze delle azioni intraprese nelle esistenze passate, siano esse buone o cattive.
Ma, oltre alla sua personale « croce », ogni uomo dovrebbe assumersi la responsabilità di prendere su di sé parte del carico del mondo, contribuendo coscientemente, insieme ai suoi simili, alla realizzazione del Piano Divino. Nel Vangelo è scritto: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua." (Lc 9,23) Rinnegare se stessi significa smettere di pensare ai mille problemi legati alla propria personalità. Prendere la propria croce significa cessare di lamentarsi e di chiedere aiuto per la soluzione di questi problemi. L'uomo che prega i Maestri affinché questi lo aiutino a risolvere le sue difficoltà con il partner, i soldi, il lavoro... si sta rifiutando di prendere la sua croce. La vuole mettere sulle spalle di qualcun altro.
Sempre nel Vangelo è scritto: "Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero." (Mt 11,28-30) Questo è un invito a partecipare al Piano Divino. Chi è affaticato e oppresso dai suoi crucci personali, sarà ristorato in seguito alla decisione di dedicarsi interamente, di « sacrificarsi » (=farsi sacro) a uno scopo superiore.
Il messaggio dei Maestri è: non occupatevi dei problemi relativi alla personalità - conseguenza delle mille sfaccettature del karma -, non sprecate energia nel pensare ad essi, dedicatevi invece con tutta l'anima a servire il Piano Divino; come conseguenza riceverete dall'alto fiumi di Gioia e Amore... e le vostre preoccupazioni si scioglieranno al calore del Sole. Chiunque abbia intrapreso la strada del « servizio » può testimoniare questo risultato. Egli è nel mondo, ma non è più del mondo.
Uno degli aspetti fondamentali del Progetto prevede la spiritualizzazione della materia. L'alchimista occidentale intende percorrere un processo di « imitatio Christi » che conduce alla redenzione della materia. Egli si apre alle forze del Cielo per consentire la discesa del Fuoco - lo Spirito Santo - nella carne; la sua carne e al contempo la carne del mondo, cioè la materia in senso più generale.
In antitesi a quanto usualmente si crede, il vero « potere » non abita nello Spirito, bensì nel Corpo, e quindi al Corpo si deve obbligatoriamente tornare per concludere l'Opera. Nel Corpo sono l'origine e la fine, nel Corpo è custodito il « segreto ».
Durante la Piccola Opera - i Misteri Minori - cioè la fase ascendente del percorso alchemico, l'alchimista mette a tacere la natura inferiore (nigredo) e spicca il volo verso il Cielo (albedo), ma una volta giunto nel Regno dei Cieli deve proiettarsi ancora oltre, identificarsi con il Tutto, la Materia Prima, per discende a redimere e cristificare la carne (rubedo) - innalzandola (Grande Opera o Misteri Maggiori).
Si tenga presente che una piccola Opera al Rosso si verifica ogni qualvolta l'alchimista si identifica con l'Assoluto e permette al Fuoco di attraversarlo.
Gli atomi che, in tali occasioni, vanno ad aggiungersi al «corpo di gloria» in costruzione sono di due tipi:
a) quelli che, grazie ai nostri sforzi, hanno mutato la loro struttura, passando così dal mondo della personalità a quello dell’anima; (Albedo) (Piccola Opera)
b) quelli che, grazie al verificarsi di un’emozione superiore, discendono su di noi direttamente dal Regno dei Cieli. (Rubedo) (Grande Opera)
Infatti, tutte le volte che esprimiamo un’emozione superiore, stiamo aprendo un «varco» che permette allo Spirito dimorante nel Regno dei Cieli di riversarsi in noi.
Ci troviamo nel punto d’incontro fra Piccola e Grande Opera: quando la quantità di atomi trasformati raggiunge un certo livello (fase Albedo), l’emozione superiore che ne deriva ci consente di accedere a una fonte superiore (fase Rubedo).
Prima ci siamo distaccati dall’emozione negativa, iniziando a considerarla come un oggetto su cui lavorare. (Nigredo)
Poi siamo riusciti a trasmutarla in un'emozione di gioia. (Albedo)
Quindi ora ci spingiamo fino a "toccare" Dio, lasciandoci trasmutare dal Suo Fuoco. (Rubedo)
Il segreto per far discendere lo Spirito Santo risiede nel porsi completamente al Suo servizio col fine di soccorrere l'umanità, senza manifestare più alcun desiderio personale. È il desiderio del « suicidio occulto », l'annullamento del proprio Io nel Tutto.
Ciò può essere compiuto al meglio a partire dal momento della realizzazione dell'Opera al Bianco, poiché è proprio da quello stato di coscienza extracerebrale che l'uomo può fungere da perfetta Coppa del Graal pronta ad accogliere il Fuoco che scaturisce dal Centro del Sole.
Ecco quanto avviene nel corso di tale operazione magico/alchemica. Una volta tranquillizzati i cinque sensi del corpo, l'alchimista si dispone nello stato d'animo suscitato dal "sentire interiormente" le frasi evangeliche:
"Non sia fatta la mia, ma la Tua volontà." (Lc 22,42)
"Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la Sua opera." (Gv 4,34)
Egli si proietta verso il Cielo, accostando la sua coscienza a quella dei Maestri o a Dio stesso. Per fare ciò, oltre a rendere immobili i tre veicoli inferiori (fisico, emotivo e mentale), è indispensabile che "allinei" i centri superiori: il Cuore, la Gola, il Terzo Occhio e il Coronale. A tale scopo può immaginare una linea di luce che salendo lungo la spina dorsale li attraversa tutti fino a uscire dal centro Coronale, in cima alla testa, per collegarsi ai Maestri. Con il tempo, acquisita una certa abilità nel rimanere fermo in questo stato di meditazione, la coscienza dell'alchimista si ritira dai veicoli inferiori per essere rapita nell'anima.
Allora, in risposta a questa « invocazione », il Fuoco discende e invade i corpi sottili: dapprima agisce sui corpi mentale, astrale ed eterico, poi da questi può essere indirizzato verso il corpo di carne al fine di operare anche qui la trasmutazione. Ogni singola particella, fino all’ultimo atomo di calcio delle ossa, viene rimpiazzata da una nuova particella mediante un processo fisiologico misurabile scientificamente. La legge dell’Attrazione richiama atomi antichi, con una maggiore frequenza vibratoria, e respinge quelli più "giovani" e meno evoluti (Legge di Repulsione), obbligandoli a cercare altrove nuovi centri di attrazione. Così, mentre la coscienza si espande e ascende, altri atomi di un ordine più elevato e dimoranti sul piano spirituale rimpiazzano quelli vecchi. (si veda a proposito: "Il diario di un alchimista" di Douglas Baker)
Nella Grande Opera non avviene più una trasformazione degli atomi di cui sono composte le sostanze grossolane della macchina biologica, come accadeva nella Piccola Opera; si verifica invece la loro sostituzione. Ogni singola particella viene rimpiazzata da una nuova, appartenente alla sfera dello Spirito Santo.
Sostituire gli atomi, anziché mutare la struttura di quelli già esistenti nella personalità, rappresenta un’altra forma di «redenzione» della materia.
Irradiazione
Ogni alchimista può reggere una differente quantità di Fuoco che varia col variare della sua apertura di coscienza, cioè la sua attitudine a rendersi servo dello Spirito.
A causa del processo di « discesa dello Spirito Santo », nel corso della sua vita quotidiana l'alchimista diviene ora un accumulatore di Fuoco capace di « irradiare » tale forza intorno a sé. L'ambiente che lo circonda e le persone con cui interagisce - per il solo fatto di trovarsi nel suo raggio d'irradiazione - vengono sottoposti al medesimo procedimento alchemico, sebbene con minore intensità e sempre secondo le qualificazioni di ciascuno.
L'alchimista non lavora solo per sé, ma per la Terra. La materia dell'intero pianeta cambia la sua frequenza vibratoria per sempre ogni qualvolta un singolo uomo si fa canale dello Spirito. È come se il Sole stesso approfittasse di un corpo per penetrare nella materia e da qui irradiare verso l'esterno.
La conseguenza di ciò è la risurrezione nel Corpo. A questo punto l'immortalità della carne è ottenuta. Il Mago può conservare il suo corpo fisico attuale oppure, a imitazione di Cristo, abbandonarlo e costruirne un altro. Tenendo la mente fissa sull'immagine del nuovo corpo da creare, opera con la materia al fine di attirare a se’, come fa una calamita, gli atomi necessari a fabbricare il nuovo involucro atto a manifestarsi nell'ambiente planetario.
La potente irradiazione ignea del Mago sta alla base del concetto di « iniziazione per trasmissione » o "trasmissione diretta fra Maestro e allievo". Non è infatti possibile conseguire alcunché di definitivo solo attraverso la lettura di scritti e l'applicazione solitaria dei loro contenuti; questi sono indispensabili nell'opera di diffusione dell'Arte e nell'indirizzare l'aspirante sul corretto sentiero, ma non possono, da soli, condurlo oltre un definito limite. A un certo punto del suo lavoro, il neofita deve porsi sotto l'influenza di un Mago/Alchimista più avanzato di lui, affinché si operi l'irradiazione diretta « da Cuore a Cuore », pena l'arrestarsi inesorabile del suo cammino.
Scopo futuro di ogni alchimista resta comunque il poter attingere il Fuoco direttamente dal Tutto, attraverso la completa identificazione con esso, senza dover più usufruire di iniziati di vario grado che fungano da mediatori. Quando il suo ego è spazzato via, potrà infatti accedere in linea diretta al Fuoco Solare.
Il compito del Mago è annullare se stesso per ricevere lo Spirito Santo dalla sorgente solare e ritrasmetterlo agli uomini che sono sotto la sua influenza. Ciò può esser compiuto dedicandosi all'arte, alla guarigione e all'insegnamento.
Il Mago esperto - proseguendo nel suo percorso di « imitatio Christi » - può regolare la direzione e l'intensità del Fuoco che lo attraversa e decidere di veicolarlo in maggiore quantità verso un individuo piuttosto che un altro, dopo aver valutato le possibilità di ognuno di fungere a sua volta da irradiatore di Fuoco nel suo ambiente. Pertanto, egli si preoccuperà di inviarne maggiormente verso coloro che più sentono il desiderio di servire, tenendo sempre in considerazione le rispettive capacità di assimilazione e ridistribuzione. Egli potrà anche spingerlo nei chakra appropriati a seconda delle particolari necessità del singolo.
A causa di una predisposizione naturale, succede talvolta che l'alchimista inizi a ricevere dentro di sé il Fuoco già molto presto a partire dal momento in cui si "mette all'Opera", o addirittura prima ancora di aver inziato il lavoro alchemico o un qualunque altro percorso spirituale; spesso il fenomeno comincia spontaneamente in giovane età. In tali circostanze la natura inferiore non è ancora stata purificata e per l'individuo risulta piuttosto complesso tenere a bada la sua personalità, anche perché, nella maggior parte dei casi, non ha idea dei motivi occulti per cui si accentuano in lui determinati aspetti del carattere. Comportamento irrequieto, aggressività, sensualità spinta e "fuori dalla norma" e atteggiamenti ribelli si annoverano fra le più frequenti manifestazioni esteriori dell'accumularsi del Fuoco in un individuo. Si tenga però presente che l'apparire di tali sintomi non è sempre riconducibile a quella causa elevata.
Trattenere per sé il Fuoco costituisce un comportamento suicida. Esso va espresso in qualunque attività che implichi un servizio agli esseri umani: guarigione, insegnamento e realizzazione di opere artistiche sono solo alcune fra le occupazioni possibili. Lo Spirito deve costantemente circolare, altrimenti esso si accumula nell'individuo e consuma la forma che lo contiene. Se Prometeo ruba il Fuoco agli dei è solo per donarlo agli uomini; tenerlo per sé stesso significherebbe condannarsi a bruciare stupidamente.
Uno degli usi possibili del Fuoco - in particolare in questo periodo storico - è la "battaglia per la Terra", cioè la lotta contro le forze involutive rappresentate dai Maghi Neri. Un Mago, sia esso bianco o nero, è in grado di muoversi agevolmente sui piani spirituali, dove si consumano quotidianamente titanici scontri fra le « forze della luce » e le « forze dell'ombra » che non hanno nulla da invidiare alle più spettacolari scene dei film di fantascienza o fantasy.
Il bisogno di nuovi esseri umani capaci di canalizzare il Fuoco è così pressante che quando un aspirante è pronto - e ciò può essere facilmente visto dall'aspetto dei suoi corpi sottili - e manifesta le qualificazioni necessarie per svolgere tale compito, viene immediatamente contattato dai Maestri della Gerarchia che - qualora lui dia la sua volontaria disponibilità - lo arruolano fra le schiere dei combattenti per la liberazione della Terra.
L'aspetto femminile del lavoro alchemico
Mentre la Piccola Opera che costituisce le prime fasi del processo manifesta una modalità operativa caratterizzata da un'energia prettamente maschile, l'Opera finale è invece intrisa di energia femminile... la forza del futuro.
Il praticante infatti all'inizio non può che concentrarsi sullo sforzo di migliorare, di risvegliarsi, di uccidere la sua natura inferiore. Facendo questo esprime lo stato d'animo di qualcuno che vuole penetrare nel lavoro alchemico e in un nuovo stato di coscienza; egli mira a "prendere il regno dei cieli con la violenza".
Ma se non vuole che il suo percorso si arresti miseramente, a un certo punto deve mutare radicalmente atteggiamento nei confronti del lavoro alchemico. Deve cominciare a farsi ricettivo, ad accogliere dentro di sé... per trasformarsi nella Coppa del Graal che viene riempita dallo Spirito Santo.
La rubedo implica uno stato passivo, negativo e ricettivo che fa da sfondo a quello attivo, positivo e penetrante. E' una « preghiera » quotidiana e ininterrotta, che si protrae istante dopo istante. Un incessante anelito verso il Cielo. Camminando, lavorando, creando, combattendo e persino dormendo il Mago - sia esso maschio o femmina - ha sempre dentro di sé una vibrazione femminile di fondo: "Non sia fatta la mia, ma la Tua volontà." Non è più uno sforzo pieno di impeto orientato verso l'esterno, ma un attendere, in pace, in fondo alla propria « miniera » che il Fuoco compia il suo lavoro nella materia dando alla luce l'« androgino », perfetta fusione di maschile e femminile.
"Io sono il Tuo servo." "Io sono l'altare su cui la carne viene redenta." Non si tratta solo di ripetere tali affermazioni, ma di far vibrare di esse la propria carne fino all'ultima cellula.
La realizzazione ultima
( distinzione fra l'Uno e lo Zero )
Mentre attraverso la Piccola Opera (nigredo e albedo) il mago/alchimista giunge a un primo grado di Illuminazione, vale a dire all'identificazione con l'anima - il Sé - all'apertura del Cuore e a un primo grado di immortalità; grazie alla Grande Opera egli si identifica con l'Uno stesso, Dio, il Demiurgo. Solo questa può dirsi "immortalità", in quanto il « corpo di gloria » - così come la relativa autocoscienza - verrà anch'esso disgregato in favore della successiva assimilazione nell'Uno.
L'Uno è radix ipsius, cioè radice di se stesso, in quanto « causa non causata ». L'Uno pur venendo spesso indicato come lo Spirito, si colloca in verità oltre qualunque possibile dualità, quindi anche al di là della dicotomia spirito/materia. Trascende l'Io e il non-Io, l'essere e il non-essere, la coscienza e l'incoscienza. È eterno, quindi aspaziale e atemporale.
Si può però andare ancora oltre.
Di norma si considera l'Opera al Rosso - la Grande Opera - come la "realizzazione del divino", ma a ben guardare essa conduce più in là dell'Essere divino. Come già precisato il divino è il Demiurgo, l'« Essere », il « principio », il Grande Architetto, l'Uno. Ma "ciò di cui nulla può esser detto" è lo Zero, non l'Uno. È ciò a partire dal quale Dio stesso si autoproduce.
La realizzazione ultima cui tende il mago/alchimista - e a cui può tendere l'essere umano in genere - si esprime dunque nell'identificazione con la cosiddetta « Materia Prima », il « Parabrahman » della tradizione indù... che è di per sé indefinibile e inconcepibile. Questo "stato", se così può essere chiamato, non è toccato nemmeno dalla « dissoluzione universale » ( pralaya ) alla quale Dio stesso pare sia soggetto. Quello sarà sempre, anche quando questo universo e il suo Dio non saranno più.
L'unico personaggio di cui si può esser certi che abbia raggiunto tale supremo stato si chiama Sri Nisargadatta Maharaj (1897-1981). Gli altri Illuminati parlano dell'apertura del Cuore, oppure della realizzazione del Sé, che talvolta viene usato per indicare l'anima, talvolta lo Spirito, cioè l'identificazione con Dio; ma solo Maharaj distingue fra l'Uno e ciò che sta oltre.

Testi sull'argomento:
OFFICINA ALKEMICA - l'Alchimia come via per la felicità incondizionata
Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni (2006)
IL DIARIO DI UN ALCHIMISTA
Douglas Baker, Edizioni Crisalide (1977)
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lo scopo della « via violenta »

Il miglior consiglio agli occidentali è di non far nulla per risvegliare Kundalini prima del tempo, ma di vivere una vita pura rispettando le leggi divine. Quando sarà giunto il momento, si risveglierà da sola... La direzione che prenderà kundalini una volta risvegliata non dipenderà dalla volontà, ma dalle qualità e virtù dell'uomo.
Omraam M. Aivanhov, Centri e corpi sottili
Esistono alcuni metodi di risveglio, sempre facenti parte dell'alchimia, che potremmo definire "non convenzionali", talvolta indicati nella tradizione indù come « via violenta ».
Tale percorso si fonda sull'utilizzo di potenti tecniche occulte - le cosiddette « acque corrosive » - che costringono l'energia di kundalini a risvegliarsi e a salire lungo la spina dorsale, indipendentemente dal fatto che il neofita abbia compiuto un regolare percorso iniziatico di purificazione delle sue emozioni e della sua mente, e si sia quindi naturalmente posto in grado di reggere una simile improvvisa deflagrazione interiore.
Questo temibile sentiero veniva percorso dai praticanti maghi/alchimisti ai quali era stata annunciata un'imminente morte, sia per causa di malattia incurabile sia come risultato di una condanna da parte delle autorità - evento che colpiva non di rado chi si dedicava a simili studi e pratiche. Trovandosi dunque costretti a scegliere tra il rischio di dover vivere l'ultimo periodo della loro incarnazione nella follia - causata da un'incapacità del sistema nervoso di reggere l'inteso regime del Fuoco causato dalle tecniche occulte - e la certezza di morire nell'incoscienza di sé e quindi di precipitare nell'oblio una volta abbandonato il corpo, molti di essi preferivano affrontare il primo pericolo.
In ogni caso le tecniche venivano sempre accompagnate da un serio tentativo di estirpare i pensieri separativi e le emozioni più basse dalla propria personalità. Nonostante non fosse a disposizione un arco di tempo sufficiente a compiere un lavoro alchemico preciso e profondo sulle emozioni negative, si provava comunque, nei limiti del possibile, a uccidere l'odio, il giudizio, il senso del possesso e l'egoismo in se stessi. E ciò per un evidente motivo: una personalità dove kundalini, una volta risvegliata, comincia a incanalarsi in emozioni come odio, rancore e desiderio di possesso diviene un'aberrazione della natura. Tutte le manifestazioni più basse vengono infatti ingigantite dall'afflusso di nuova energia e divengono estranee a ogni tentativo di controllo. L'individuo si trasforma in breve tempo in un folle lussurioso, spietato, desideroso oltre ogni limite di potere materiale. I 12 capi delle SS, gli apostoli neri di Himmler, sono un esempio eclatante del traguardo a cui può portare il sentiero delle « acque corrosive » se non accompagnato da una coscienza vigile e orientata verso il bene.
Al di fuori di un contesto dove i danni provocati dal percorrere tale via possono risultare un giusto rischio da correre in assenza di alternative - data l'imminenza del termine della propria incarnazione - non esiste alcuna ragione intelligente per esporsi a simili pericoli. La via alchemica consueta è infatti già di per sé la via più rapida - ammesso che la rapidità possa venire considerata un metro di giudizio in ambito spirituale - e lo può divenire ulteriormente in funzione della volontà e dell'aspirazione del praticante. In alchimia ognuno può decidere la velocità della propria evoluzione.
Si consideri inoltre che, anche qualora la « via violenta » andasse a buon fine e il praticante riuscisse a conservare la propria integrità psichica, lo sviluppo così ottenuto non potrebbe mai essere completo. Non è infatti in alcun modo possibile incrementare la propria intelligenza, ottenere maggior conoscenza o acuire la propria genialità artistica semplicemente limitandosi a controllare il respiro, assumere droghe o lavorare con l'energia sessuale!
Tali qualità animiche sono realizzabili innanzitutto grazie a uno studio approfondito, e poi per mezzo del processo di trasmutazione di ciò che è inferiore in ciò che è superiore. Non si diventa infatti geniali semplicemente facendo affluire una considerevole quantità di energia - di per sé neutra - nel proprio organismo, ma solo approntando nel corso degli anni, grazie alla trasmutazione, i «sensi sottili» affinché tale energia possa manifestarsi come genialità.
È tuttavia nostra intenzione soffermarci su tali conoscenze occulte in quanto la loro applicazione, se intesa non come sentiero evolutivo in sé, ma esclusivamente come valido aiuto in determinate fasi del proprio percorso alchemico - e sviluppantesi parallelamente a questo - può senza dubbio accelerare il percorso stesso. Riguardo ai modi, ai tempi e alle circostanze di tale utilizzo solo un « iniziato » può fornire le giuste indicazioni al neofita, il quale, proprio in virtù della sua condizione di neofita, non è in grado di distinguere in quale momento l'applicazione di una tecnica può divenire vantaggiosa e in quale invece andrebbe a compromettere, talvolta irreversibilmente, i sottili equilibri della sua psiche.
I metodi impiegati come «acque corrosive» sono tre:
- l'assunzione di sostanze droganti
- il controllo della respirazione
- il padroneggiamento dell'energia sessuale
Testo estratto dal libro:
LA PORTA DEL MAGO
Salvatore Brizzi, Antipodi Edizioni, Torino (2007)
Altri testi sull'argomento:
L'UOMO COME POTENZA
Julius Evola, Edizioni Mediterranee (1925)
INTRODUZIONE ALLA MAGIA vol. I II III
Gruppo di Ur, Edizioni Mediterranee (1927-1929)

LO YOGA PER NON MORIRE
Tommaso Palamidessi, Edizioni Grande Opera, Roma (1996)
Questo piccolo ma fondamentale testo è inedito da anni. Può essere rintracciato solo in fotoriproduzione, al prezzo di 8 euro, presso la Libreria Esoterica di Milano. Mail: info@animanews.it oppure esoterica@animanews.it
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